martedì 22 ottobre 2002
Io ho cassetti interi di medicinali e sono i soli cassetti miei che tengo io stesso in ordine. Io amo le mie medicine e so che quando ne abbandono una, prima o poi vi ritornerò" Chissà da quanto tempo e di quale malattia io sarei già morto se il mio dolore in tempo non le avesse simulate tutte per indurmi a curarle prima ch'esse m'afferrassero. Chi non ricorda Argan, il protagonista del Malato immaginario, la commedia di Molière (1673), personaggio che si nutre di medicine e vive spiando i sintomi di eventuali malattie? La stessa mania è evocata -
nel passo da noi citato - anche da Italo Svevo nel suo famoso romanzo La coscienza di Zeno (1923) ed è, in realtà, una sorta di malattia che colpisce molti di noi, più di quanto s'immagini. C'è, comunque, da deprecare il fatto che sono legioni le persone che hanno gli armadietti colmi di medicinali acquistati senza necessità e spesso destinati a gravare sul bilancio della Sanità pubblica. Questo atteggiamento nasce appunto da quella mania da cui siamo partiti. Mai come ai nostri giorni, anche il più piccolo segno di disagio crea apprensioni, e subito si corre dal medico, che - a differenza dei "dottori" del passato che sapevano diagnosticare in modo più completo e "psicologico" - subito spedisce lo pseudo-malato negli ospedali per costosi accertamenti ed esami, creando così disfunzioni nel servizio sanitario. Preoccuparsi del proprio benessere fisico è giusto, ma guai
a cadere in quel «virus, mille volte più virulento di tutti i microbi: l'idea di essere malati» (così lo scrittore francese Proust nel romanzo Guermantes).
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