giovedì 31 maggio 2007
Sono giunto fino all'ateismo intellettuale, fino a immaginare un mondo senza Dio. Eppure vedo che ho sempre conservato una segreta fiducia in Maria. Nei momenti di angoscia mi esce spontaneamente dal petto questa esclamazione: «Madre di misericordia, aiutami!». Eccoci all'ultimo giorno di maggio, col calendario liturgico che ricorda la visita di Maria alla madre del Battista, la parente Elisabetta. È, allora, l'occasione per un ultimo canto alla madre di Cristo, anche in questo caso scelto non all'interno della sterminata letteratura mariana ma in un passo autobiografico abbastanza sorprendente di un famoso scrittore e filosofo spagnolo, Miguel de Unamuno (1864-1936) un personaggio dall'esperienza molto tormentata, oscillante appunto tra l'ateismo e la mistica. La sua è una testimonianza che spesso è confermata in modo inatteso anche da altre figure della cultura che hanno cercato di cancellare ogni impronta religiosa dalla loro anima, estirpandovi soprattutto le radici dell'infanzia quando la spiritualità era quasi spontanea. Ebbene, talora molte di queste persone, come tanti altri personaggi più o meno noti, confessano di aver conservato una stilla di fiducia religiosa soprattutto - nei momenti più oscuri - proprio attraverso l'invocazione a Maria. È forse un modo per non scomodare Dio, presenza più ardua e impegnativa, ma è un'ultima, piccola via verso la fede. Anche ai credenti, però, vorrei dire - sempre sulla scia delle parole di Unamuno - che non si deve esitare a conservare un fondo di fiducia "infantile": non dimentichiamo che la stessa Bibbia rappresenta l'atteggiamento emblematico del credente nel «bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Salmo 131). Certo, la fede non dev'essere solo sentimento, ma è anche serenità, dolcezza, abbandono, pace e quiete interiore.
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