sabato 22 febbraio 2003
Un niente basta a mettere in moto tutta la pesante macchina dei nostri pensieri tristi; un niente basta a dare il volo a tutto lo stormo dei nostri pensieri gai. Ma non c'è arte valida a impedire quel primo niente o a suscitare questo secondo. E così ci conviene accogliere dolori e gioie come due diversi doni: valerci dell'uno e dell'altro per l'opera nostra, sorpassando e l'uno e l'altro. Sto leggendo la recente edizione di una raccolta di riflessioni di Benedetto Croce, Dal libro dei pensieri, pubblicata da Adelphi. Sono tante le schegge di meditazione che meriterebbero di essere proposte. Ne ho scelto una breve, chiara e semplice. Essa registra un'esperienza che un po' tutti viviamo: certe mattine ci si alza con una punta di amaro nel cervello e lentamente il nostro orizzonte interiore si colora di nero; altre volte, invece, tutto ci pare primaverile e radioso. Bella è l'immagine dello "stormo dei pensieri" che può volare basso o perdersi nei cieli. Il consiglio del filosofo napoletano è nitido: entrambe le situazioni devono essere considerate come doni e fatte fruttificare. La tristezza può, infatti, educarci alla ponderatezza, all'approfondimento, alla cautela. La gioia può generare creatività, entusiasmo, azione. Guai se la vita fosse sempre e solo sotto un'unica insegna! Il dosaggio dei tempi e dei momenti, delle sensazioni e degli stati d'animo è, alla fine, come un orologio che regola l'esistenza impedendole di piombare nel pessimismo senza spiragli o di decollare dalla realtà nell'illusione e nella leggerezza. L'impasto tra gli opposti sentimenti è appunto quel mistero affascinante che è la vita.
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