sabato 7 settembre 2002
Siamo forti contro le tentazioni forti. Contro le deboli, deboli. Non vale la pena, diciamo, fare gli eroi delle occasioncelle perdute.Tempo addietro un mio conoscente che era amico di Mario Soldati, scrittore e regista morto tre anni fa in età patriarcale (era del 1906), mi regalò uno dei primi successi di questo autore, Lettere da Capri (1953). Leggendo quel libro avevo annotato questa frase che merita qualche considerazione. Tutti sanno la battuta dello scrittore inglese Oscar Wilde: «Posso resistere a tutto tranne che alla tentazione»; o la sua variante: «Il solo mezzo per liberarsi dalla tentazione è cederle». È un motto di spirito che, però, molti hanno adottato come regola di vita.Soldati va un po' oltre e ci ricorda un dato più frequente e non meno pericoloso, quello di resistere al peccato o al vizio grave, ma di lasciarsi andare alla debolezza veniale. È una sorta di deriva che ci fa trovare facili scuse per i piccoli difetti, che ci assolve da ogni imperfezione e che alla fine cancella tutta una serie di «peccatucci». In realtà, in questo atteggiamento un po' superficiale è insito un rischio: ottundere lentamente la coscienza e reprimere i sussulti del rimorso per gli errori minori crea progressivamente una zona d'ombra che s'allarga e che, inesorabilmente, si estende anche al cuore della colpa, alla gravità della mancanza. Come la maleducazione e la volgarità del tratto insensibilmente offuscano la dignità di una persona, così il cedimento alle piccole debolezze conduce a una più generale immoralità e disonestà.
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