sabato 2 marzo 2019
«La vita vera non si desidera, si vive; racconti e romanzi, i cui soggetti sono gli esseri umani in relazione alle esperienze che devono attraversare, si fanno faticosamente strada da sé, lottano nel cammino verso una risoluzione. Al posto della fatata immunità al cambiamento, nei romanzi c'è la vulnerabilità dell'umana imperfezione invischiata nell'umana emozione, e dunque c'è crescita, c'è crisi, ci sono appagamento e declino.
La vita va verso la morte». Eudora Welty è una scrittrice americana, che ha vissuto l'intero Novecento, dal 1909 al 2001. Non ancora abbastanza conosciuta in Italia è una voce di rilievo. In un libro di saggi sulla scrittura, Una cosa piena di mistero, parla dell'arte e del mestiere di narrare, ma in realtà della vita. All'opposto di tanti autori, anche di altissimo livello, che contrappongono l'arte alla vita, per la Welty lo scrittore si mette al servizio della vita, non proponendone una visione fantastica, incantata, e non certo imitandola grossolanamente, ma rappresentandone la cangianza, la debolezza, ma anche l'energia. Le sue parole dovrebbero servire a molti presunti scrittori di cui il panorama attuale sovrabbonda. Ma io le cito perché servono all'uomo, a ogni uomo: la vita non si desidera, si vive.
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