sabato 8 febbraio 2003
Sono fermamente convinto che la verità disarmata e l'amore disinteressato avranno l'ultima parola. È più che mai necessario riascoltare ora (e sempre) la voce degli operatori di pace, "beatificati" già da Gesù nel Discorso della Montagna. Ho proposto oggi una frase del discorso pronunciato l'11 dicembre 1964 da Martin Luther King al momento di ricevere il premio Nobel per la pace.
È una parola di speranza e di ottimismo che deve farsi largo - con fatica e a stento - in mezzo alla zizzania della guerra, della prevaricazione, dell'oppressione, dell'ingiustizia, una fitta e
lussureggiante vegetazione maligna che ricopre il mondo e che ha le radici nei cuori degli uomini. La tentazione dello scoraggiamento è forte ma non è cristiana, neppure è del credente nel senso più universale del termine. Perché le religioni, nel loro spirito più intimo, sono sorgenti di vita e di pace: è solo il modo con cui i loro adepti le incarnano che le rende offensive, aggressive, esclusiviste. Per aver fiducia nella segreta potenza della "verità disarmata" e "dell'amore disinteressato" bisogna essere autenticamente religiosi e, quindi, coraggiosi e ottimisti, certi che Dio non è mai schierato dalla parte delle armate e della forza bruta. Gandhi, che di questa certezza è stato un testimone incrollabile, dichiarava che «per praticare la non-violenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova». Ma la meta è sempre luminosa e gioiosa, è quella della beatitudine: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
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