sabato 16 maggio 2020
Questa mattina un figlio ci ha dato una buona notizia. Contenta, ho pensato: devo dirlo alla nonna, e ho preso il cellulare. Quel numero, è uno dei pochi che so a memoria. 02349..., ho iniziato a comporre, e mi sono fermata. Venti secondi ci ho messo per ricordarmi che la nonna, la madre di mio marito, è morta da tre mesi. Mi era così abituale telefonarle, quando succedeva qualcosa che riguardava i figli. Soprattutto se era qualcosa di bello. Se prendevano un bel voto, o quando un'influenza passava. Sapevo che, al di fuori di mio marito e di me, nessuno si rallegrava come la nonna, per i ragazzi. E così stamattina nel mettere giù il cellulare mi sono sentita anch'io un po' orfana. Più nessuno che partecipi della vita dei nostri figli, come fossero anche suoi. Percepire che non c'è più nessuno alle tue spalle, che non sei più “figlio” per nessuno: lo avevo già provato alla morte di mio padre e di mia madre. Come una nudità, un vento freddo sulla schiena rimasta scoperta. In quante case, in questi mesi, si è perso un volto che avevamo accanto da sempre. Magari qualcuno credeva di non averne più bisogno, essendo adulto ormai da un pezzo. Invece, in quante famiglie la dolorosa meraviglia dello scoprirsi più soli. Un pezzo di noi se ne va, con i vecchi genitori, coi nonni. Chi ricordava i nostri soprannomi infantili, e quello che combinavamo da piccoli, e come un tempo ridevamo? Sono “file” cancellati, i ricordi dei nonni che muoiono, e, rifletto stamane, si portano via un bel pezzo di noi. (Se pensassi che tutto questo bene voluto finisce nel nulla, sarei disperata. Ma sono certa che nulla, dell'amore dato, vada perduto. Malgrado ogni errore o peccato commesso, il bene fatto da un uomo non può essere dimenticato, mi dico, da Dio). E tuttavia quella telefonata abbandonata – 02349… – mi resta addosso fino a sera. Come un nodo che non vuole sciogliersi, in fondo alla gola.
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