sabato 23 ottobre 2021
Capita spesso di sentire che, per i cristiani, la povertà non è un problema. È uno dei tanti luoghi comuni antireligiosi che circolano da sempre, e contro i quali sembra impossibile combattere, come se i cristiani volessero non solo perpetuare, ma anche diffondere la povertà, poiché questa è “beata”. Ovviamente si tratta di una stupidaggine, in quanto la povertà evangelica è una cosa molto diversa. Nel 1991, visitando in Brasile la favela del Lixao de Sao Pedro, costruita su una discarica di rifiuti, Giovanni Paolo II mise proprio l'accento sul nesso tra povertà e fiducia in Dio, e aggiunse: «Ma esiste un'altra povertà, molto diversa da quella che Cristo proclamava beata, e che colpisce una moltitudine di nostri fratelli, impedendone lo sviluppo integrale in quanto persone. Di fronte a questa povertà, che è carenza e privazione dei beni materiali necessari, la Chiesa fa sentire la sua voce... E per ciò che la Chiesa sa che ogni trasformazione sociale deve necessariamente passare per una conversione dei cuori e prega a tal fine. Questa è la prima e la principale missione della Chiesa».
Secondo Save The Children, oggi circa un miliardo di persone soffre di “grave insufficienza alimentare”, numero in continuo aumento. E, nonostante che il diritto all'alimentazione sia uno dei principi proclamati nel 1948 dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'obbiettivo “fame zero” fissato dall'Onu per il 2030 appare sempre più lontano. E, questo, nonostante il succedersi negli anni di solenni dichiarazioni che ribadivano come inalienabile il diritto all'alimentazione. Non è una questione di mancanze di risorse: la causa della fame sono guerre, indifferenza, cupidigia, egoismo. Lo spiegava già nel 1996 un documento del pontificio Consiglio Cor Unum, che sarebbe da rileggere tutto, in cui si
evidenziava come si tratti di «una sfida indubbiamente di ordine economico e tecnico, ma ancor di più di ordine etico-spirituale e politico. E una questione di solidarietà vissuta e di sviluppo autentico, al pari di una questione di progresso materiale».
Papa Francesco l'ha ribadito qualche giorno fa, nel suo messaggio per la Gionata mondiale dell'Alimentazione, sottolineando come «se non vogliamo mettere in pericolo la salute del nostro pianeta e di tutta la nostra popolazione, dobbiamo favorire la partecipazione attiva al cambiamento a tutti i livelli e riorganizzare i sistemi alimentari nel loro insieme... I nostri stili di vita e le nostre pratiche di consumo quotidiane influiscono sulla dinamica globale e ambientale, ma se aspiriamo a un cambiamento reale, dobbiamo esortare produttori e consumatori a prendere decisioni etiche e sostenibili e sensibilizzare le generazioni più giovani sull'importante compito che svolgono per rendere realtà un mondo senza fame. Ognuno di noi può offrire il suo contributo a questa nobile causa, iniziando dalla nostra vita quotidiana e dai gesti più semplici. Conoscere la nostra Casa Comune, proteggerla ed essere consapevoli della sua importanza è il primo passo per essere custodi e promotori dell'ambiente. La pandemia ci dà l'opportunità di cambiare rotta e investire in un sistema alimentare mondiale che possa far fronte con sensatezza e responsabilità a future crisi... La lotta contro la fame esige di superare la fredda logica del mercato, incentrata avidamente sul mero beneficio economico e sulla riduzione del cibo a una merce come tante, e rafforzare la logica della solidarietà».
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