sabato 25 marzo 2017
La libertà più difficile è la libertà rispetto a noi stessi, alle nostre voglie, aspettative, aspirazioni. Ci tiranneggiano senza che noi ci ribelliamo. Ci sottomettono a idealizzazioni e fantasmi del nostro io, compromettendo in tal modo la nostra felicità, che è sempre più semplice e vicina di quanto non andiamo fantasticando. La felicità non dipende dalle mete forzate che il nostro delirio egotico si inventa. La sopravvalutazione delle aspettative non fa che esasperarci. E gran parte della sterilità di cui ci lamentiamo deriva precisamente da aspirazioni mal orientate. Accettiamo di essere prigionieri di un futuro ipotetico e finiamo col vivere così poco il momento presente, senza trarre partito dal nostro qui ed ora, che, per umile e incompiuto che sia, è la semente che ci riempie le mani in questo istante. Condizionati dal dolore di ciò che non riusciamo a essere, interpretiamo la vita con disgusto, come se non fosse, in fondo, che un'arte fallita. Non vediamo, come spiega Gesù, che «la vita è di più». La proposta di Gesù è sconcertante, tanto è semplice: aprite gli occhi, guardate. Guardate gli uccelli, guardate i gigli. Gesù ci fa fissare la bellezza di quello che è. Guardate le cose come esse sono, guardate la bellezza dell'essere stesso, senza ritocchi, maquillage od ornamenti. Osservate la bellezza dell'essere stesso, la stupefacente bellezza della vita in sé, che precede tutte le costruzioni.
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