venerdì 2 dicembre 2022
La scomparsa è l’apoteosi della comparsa, non la sua negazione. Ci si ritrae nell’ombra, si sceglie di nascondersi e di sottrarsi alla vista perché si attende il momento di entrare in scena. Poco importa che il trionfo duri pochi secondi o si prolunghi per un libro intero. La scomparsa permette alla comparsa di affermare la propria importanza, fino a imporsi come protagonista. Per rendersene conto occorre tornare all’esperimento compiuto nel 1969 dallo scrittore francese Georges Perec con il romanzo La disparition. Già nel titolo manca la vocale “e”, che non viene mai impiegata nell’intero testo. Esiste anche una versione italiana, intitolata proprio La scomparsa, allestita in modo non meno virtuosistico da Piero Falchetta (anche qui, per intendersi, di “e” non c’è traccia). Pressoché impossibile, invece, rendere nella nostra lingua il romanzo successivo di Perec, Les Revenentes del 1972 (“Le ripetizioni” o, meglio, “Le ritornanti”), nel quale la “e” domina e le altre vocali si volatilizzano. Non è uno sfoggio di abilità. Perec è un autore profondamente drammatico e tutta la sua opera (compreso il capolavoro La vita istruzioni per l’uso del 1978) è abitata dal sentimento della perdita. Per lui, immaginare che la scomparsa si rovesci in onnipresenza è in realtà una forma di speranza. © riproduzione riservata
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