martedì 13 agosto 2013
Siamo noi che abbiamo bisogno dei libri o i libri che hanno bisogno di noi? Questa la domanda che ci rivolge il grande critico inglese George Steiner. Che i libri abbiano bisogno di lettori, e che la funzione del libro sia quella di portare la parola scritta al lettore, questo è evidente. Ma nelle formulazioni di Steiner c'è qualcosa di più: il lettore mette in opera una collaborazione con l'autore, in un processo circolare di osmosi, in cui il lettore rivolge domande alla parola scritta, la interpreta, la recita e la modula nel caso di teatro o di poesie. Nella vivace formula di Steiner, se da una parte siamo noi che leggiamo il libro, dall'altra è il libro che ci legge. Questo potere del lettore sul libro, che tende a diventare per il libro la garanzia stessa della sopravvivenza, è bilanciato dalla forza incredibile del libro sulla mente e sulla fantasia del suo lettore. Se nella nostra funzione di lettori selezioniamo a seconda delle nostre domande e delle nostre affinità i libri, e facciamo quindi una scelta precisa anche sulle tracce che vogliamo preservare del passato, siamo poi posseduti e dominati dai libri, e la nostra realtà ne viene fortemente condizionata, modificata, ricreata. Fino a perdere, in qualche caso, il principio stesso di realtà.
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