martedì 19 agosto 2003
Sale il getto e cadendo riempie/ fino al bordo la marmorea coppa/ che, traboccando, riversa un velo d'acqua/ nel fondo di una seconda coppa;/ la seconda, diventa troppo ricolma, dona/ il suo flutto mormorante alla terza:/ ciascuna a un tempo riceve e dona,/ scorre e riposa. Ci sono due realtà, antitetiche tra loro, che mi affascinano nel loro manifestarsi: l'agitarsi inquieto delle fiamme e gli scherzi mutevoli degli zampilli d'acqua. Ieri, in una piazzetta, davanti a una fontana a tre bacini, sono rimasto ancora una volta attratto da questo reiterato gioco, sempre identico e mai uguale. Così, ho ricercato alcuni versi, che avevo in mente vagamente, di una poesia dello svizzero tedesco Conrad Ferdinand Meyer (1825-1898), versi composti in Italia, tant'è vero che la poesia s'intitola "La fontana di Roma" (e per assonanza mi viene all'orecchio la musica delle Fontane di Roma, poema sinfonico di Ottorino Respighi). Il poeta, che ebbe una triste fine, travolto dalla follia, scopre in quella "cascata" dell'acqua di coppa in coppa un simbolo d'amore che «riceve e dona» in un'osmosi ininterrotta. Amato, ami, potremmo dire. Se l'amore è vero, esso tende a effondersi, creando appunto un effetto a cascata, come nella Trinità ove l'amore del Padre si dona al Figlio e, attraverso lo Spirito d'amore, s'irradia nell'umanità. Diverso è il caso del sesso e dell'eros che sono, invece, possesso, godimento solitario: solo l'amore li può trasfigurare in donazione e gioia comune. Ma in finale Meyer aggiunge un'altra coppia di verbi che ben delinea un ulteriore aspetto dell'amore: «Scorre e riposa». È, cioè, ricerca e pace; «la freccia che vola, riposa», annotava Kafka nei suoi Diari, collegandosi alla cultura greca. In questo movimento che dà riposo si nasconde la vera essenza della vita.
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