venerdì 28 settembre 2012
«Credete alle apparizioni?», chiese Athos a Portos. «Io? Io non credo che in quello che vedo, e siccome non ho mai avuto apparizioni, non ci credo». Esistono fondamentalmente due tipi d'uomo, rispetto al metafisico: uno naturalmente versato, l'altro no. Il primo è immaginoso, sensibile ai sogni e alle intuizioni, predisposto ad accogliere un evento apparentemente fuori dell'ordinario. Il secondo è concreto, pratico, non immagina e non ama immaginare. È evidente che il primo, a differenza dell'altro, è predisposto a una visione della realtà più ampia, che non si esaurisce nell'hic et nunc. Ma corre anche un rischio: di cedere facilmente all'illusione, di affrontare con un senso di sufficienza (che è in realtà insufficienza) la realtà concreta e quotidiana. Così come il secondo tipo, accanto al suo limite (non sa quanto può perdere della vita), ha un vantaggio: ama il concreto, e la vita è anche questo. Purché quest'uomo non propenso alle apparizioni e al metafisico, sia come il simpaticissimo, elegante, vanitoso, smargiasso moschettiere Portos, immortale personaggio creato da Alexandre Dumas. Credo solo in ciò che vedo. E non avendo mai visto un'apparizione non ci credo. Sotteso ed evidente: se la vedessi, ovviamente, ci crederei. Questa è la distinzione tra l'uomo concreto e quello terrorizzato dal mistero, tra il laico e il laicista
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