mercoledì 18 gennaio 2017
In quale modo ognuno di noi vive la gioia? È, questa, una domanda fondamentale anche per la fede. Come vivo, io, la gioia? A volte ci muoviamo intristiti, su una sorta di terra di nessuno, rabbuiati, con il peso di mille crepuscoli nello sguardo, schiacciati da una solitudine che sembra non poter essere redenta da nessuno. Che ne è della nostra gioia? Dov'è questa gioia che Dio continuamente riversa dentro di noi? È un vangelo necessario, ma difficile, quello della gioia. Sentiamo che essa ci sfugge. La intuiamo precaria, incompleta, improbabile, imperfetta. E spesso non si trova là dove noi la cerchiamo. Ora, poiché la gioia è un dono, è anche una conquista. Essendo un'esperienza di pura grazia, è al tempo stesso un'incombenza, in cui siamo chiamati a investire sforzo e impegno. In alcuni, rari momenti, è come se, dentro di noi e attorno, tutto si coniugasse perché brilli nitida una trasparenza, si amplifichi una luce e tutto profumi come un fiore. Ma la normalità non è questa. Se riduciamo la gioia unicamente a questo stato di grazia, solo sporadicamente assaporeremo il calice della gioia. È davvero bello il movimento quasi grafico delle parole di Gesù nel Vangelo: «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20). Dio cospira per la nostra gioia.
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