mercoledì 2 marzo 2022
Nelle immagini del satellite Maxar Technologies la colonna di mezzi russi pare infinita. La fila verdebruno procede lenta ma inesorabile tra i boschi, verso Kiev. Guardo lo schermo attonita e penso a che occhi avrebbe mio padre, alpino sul Don con la Julia, se fosse qui accanto a me.
Dai giorni della Ritirata i carri armati gli erano rimasti stampati nella memoria. In un villaggio, una notte, un tank passò così vicino al suo giaciglio che lui, balzato via con un colpo di reni, lesse i numeri di matricola sulla lamiera. Li ricordò per sempre. Sognò quel carro armato per tutta la vita.
E ora, ottant'anni dopo, rieccoli. Davvero, papà, vedo la tua faccia illividire, lo sguardo accendersi di sgomento e dolore. Come inviato di guerra di tank ne hai visti tanti, dall'Ungheria a Praga, dal Vietnam a Kabul. Ma questa spaventevole colonna in marcia verso una città europea, nel 2022, è Storia impazzita, è rigurgito di veleno.
Ti vedo, una mano tra i capelli radi e grigi, l'altra sul telecomando a cambiare nervosamente canale, a cercare qualcuno che dica: basta, è finita.
I tuoi nipoti, papà, non sanno niente - credevano che, queste, fossero faccende del passato. Il tuo primo pronipote ha un anno, e ancora lo sguardo vergine dei neonati. Io taccio, non ho voglia di parlare. Che potrei dire?
Mi dicessi tu papà, tu che ora vedi, la ragione per cui possiamo sperare.
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