giovedì 28 settembre 2006
Più fatica è tacer che parlare:/ quantunque alle ignoranti genti stolte/ strana proposta questa forse pare. Se ben ricordo, nel Don Chisciotte di Cervantes c'è una battuta esilarante: «Nella bocca chiusa non entrano le mosche». Ed è proprio vero: aprire spesso la bocca non solo fa fuoriuscire ogni genere di microbi ma ne fa ingurgitare altrettanti. La metafora è evidente e bolla la chiacchiera insensata e fatua. In questa linea vale, allora, il monito che ho trovato in un articolo ove si citava appunto una frase dell'Orlando innamorato, pallido ricordo dei nostri studi liceali, quando si parlava anche di questo poema e del suo autore, il poeta emiliano del Quattrocento Matteo M. Boiardo. La sottolineatura che vorrei fare riguarda due elementi di quella citazione. La prima: è ben più facile parlare che tacere. Un po' tutti dobbiamo confessare di esserci talvolta scavata la fossa sotto i piedi per il gusto impulsivo di dire una battuta, forse anche brillante ma destinata a lasciare una traccia negativa incancellabile. C'è qualcuno che è sicuro dell'effetto terribile che provocherà il suo motto, ma è troppo forte per lui non dirlo. La seconda osservazione: la proposta di tacere - nota Boiardo - sembra "strana" agli stupidi i quali optano sempre per l'immediatezza e l'impulsività. Girando la frase, potremmo dire che l'unità di misura per scoprire lo stolto è proprio la sua irrefrenabile loquacità. Perché - e qui non resisto a citare un'altra volta un famoso detto giudaico spesso da me evocato - «il sapiente sa quel che dice, lo stupido dice quel che sa».
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