L'umanesimo “americano” di Ralph Waldo Emerson
venerdì 7 settembre 2018
Quando si usa il termine “umanesimo” si pensa di solito alla grande tradizione europea nata in Italia con Petrarca, Ficino e Pico della Mirandola, continuata con Erasmo e Montaigne, culminata in Francia con Rousseau, in Inghilterra con Samuel Johnson e in Germania con Goethe e Schiller, cioè con i fondamenti filosofico-letterari e morali del romanticismo. Noi europei continuiamo a sottovalutare, se non ignorare, l'umanesimo americano che nasce nell'Ottocento e ha caratteristiche proprie tuttora operanti nella prima e più grande società democratica dell'Occidente. Alla fonte di questo umanesimo c'è l'opera di Ralph Waldo Emerson (1803-1882), inizialmente ministro della Chiesa unitariana e predicatore, poi conferenziere, saggista e anche poeta. Il suo seguace Henry David Thoreau ha acquistato una notorietà maggiore del maestro per il radicalismo politico e pratico formulato in scritti come La disobbedienza civile (1849) e Walden o la vita nei boschi (1854). L'umanesimo di Emerson, che prese il nome di “trascendentalismo”, ovviamente non nasce dal nulla: presuppone quello europeo e classico, quello inglese di Coleridge e Carlyle, influenzati a loro volta da Kant e dall'idealismo tedesco, ma non trascura teologia e mistica, pur ispirandosi alle tendenze pragmatiche e vitalistiche della democrazia americana. Ora la migliore occasione per chi volesse conoscere Emerson è l'uscita in due volumi dei suoi Saggi, pubblicati dalle edizioni La vita felice a cura di Piero Bertolucci con testo originale a fronte (pagine 548 e 352, euro 29,00). L'individualismo etico e civile americano non si spiega senza la sua origine nel trascendentalismo (che ha coinvolto anche due classici come Melville e Whitman). Spiega Bertolucci nella sua introduzione che il primo compito educativo dell'intellettuale «si attua secondo Emerson attraverso la scoperta dell'io individuale e il suo potenziamento attraverso l'assunzione della realtà esterna nell'interiorità». La storia si realizza nella biografia di ognuno e nel rapporto dell'individuo con la Natura. «Tutte le cose sono morali», dice Emerson. E poi: «Nessun fatto è sacro per me, nessuno è profano». Due dei suoi saggi fondamentali sono intitolati La fiducia in se stessi e Esperienza. L'io individuale ha la sua radice nell'io universale. Ma senza esperienze personali e dirette non si conoscono la realtà e i suoi limiti.
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