giovedì 16 gennaio 2003
Tutti hanno un orologio e nessuno ha tempo. Scambiate le due cose: lasciate il vostro orologio e riprendetevi il vostro tempo. Tempo fa, proprio su questo giornale, avevo confessato una passione per gli orologi antichi, segno forse di un'oscura paura o amore per il tempo che scorre. Mi incuriosisce allora questa frase che capto scorrendo una selezione di pensieri tratti dalle opere del filosofo francese contemporaneo Michel Serres, un autore che ha cercato di intrecciare il sapere umanistico con quello scientifico, interessandosi così di fisica e di geometria ma anche di arte, storia e
poesia (Lucrezio, Verne, Carpaccio, Roma etc.). Questa sua battuta sul rapporto tra orologio e tempo mi pare, infatti, meritevole di considerazione. L'orologio è diventato, soprattutto ai nostri giorni, una sorta di giudice inesorabile: persino quando si è in chiesa, è facile vedere fedeli che controllano l'ora sul quadrante dei loro orologi, quasi a contingentare anche il tempo destinato a Dio. Si diventa, così, schiavi delle scadenze prefissate. Guai a infrangere la sequenza degli impegni di un ufficio, guai a interrompere una serie di affari o di incombenze per restare da soli, fermarsi, passeggiare, pensare, respirare! Certo, non bisogna dilapidare «il tempo che divora ogni cosa» (edax rerum), come diceva Ovidio, un tempo «che si è fatto breve» (così san Paolo ai Corinzi). Tuttavia, in una società frenetica come la nostra, convinta solo che «il tempo è denaro», è necessario qualche volta di più buttar via l'orologio e riappropriarsi del nostro tempo per viverlo in modo personale, libero, intimo, creativo, quieto e sereno.
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