L'Italia spiegata con la storia della pasta
venerdì 6 dicembre 2019
Perché non scrivere un libro su noi italiani e la nostra passione per gli spaghetti, le fettuccine, le tagliatelle, i rigatoni? Dopotutto è innegabile che siamo un popolo politicamente infelice, ma felice a tavola. Quel libro però non è un'ipotesi, è una realtà. Alberto De Bernardi, docente di Storia contemporanea all'Università di Bologna e già autore di titoli come Dal mondiale al globale. Storia del XX secolo e Un paese in bilico. L'Italia degli ultimi vent'anni, pubblica ora da Donzelli Il paese dei maccheroni (pagine 248, euro 32,00). L'autore non scherza: come si capisce da uno sguardo ai titoli delle sue precedenti opere, non è uno stravagante, è uno storico che sa guardare a fenomeni ampi e complessi e non si delizia occupandosi di squisitezze marginali. Anche questo libro sull'Italia e i maccheroni non resta in superficie. Come dice il sottotitolo, la sua è una “Storia sociale della pasta” e insegna ai lettori (nonché, immagino, agli studenti) che si può arrivare al grande partendo dal piccolo, perché la storia la si incontra in alto o in basso, nella vita quotidiana come nei grandi (spesso tragici) eventi pubblici. Oggi i maccheroni, nelle loro numerose varietà, partendo da Napoli a metà del XVII secolo, hanno conquistato prima tutta l'Italia e poi il mondo. La combinazione di acqua e farina è diventata nel corso del tempo un'arte sempre più raffinata, passando naturalmente, con l'Ottocento e il Novecento, dalle botteghe artigiane a fabbriche sempre più moderne. La pasta è al centro di quella dieta mediterranea che negli ultimi decenni è stata scoperta, in quanto salutare, anche nei paesi ricchi e da esperti stranieri di alimentazione. Il bello della pasta è che si può condire e combinare con tutto: verdure, olio, salse, formaggi, carne, pesce, uova, erbe aromatiche. Il libro di De Bernardi non è certo stato scritto per fare pubblicità alla pasta, che non ne ha bisogno. Come i formaggi per i francesi, le patate per i tedeschi, gli hot dog per gli americani del nord, la tortilla per i messicani, questo nostro cibo identitario è passato da risorsa alimentare povera e di emergenza a uso e abitudine stabile anche in tempi di normalità o di opulenza. Cambio un po' argomento, ma mi piacerebbe sapere, se è vero che non abbiamo soltanto un corpo ma anche una mente e un cuore da nutrire, che cosa, quanto a pensieri, sentimenti e cultura, corrisponde ai maccheroni? Temo che in questo campo la nostra identità sia molto più confusa, debole, dipendente. Una volta c'erano il teatro, il cinema, la lettura (dalla Bibbia ai giornali passando per i romanzi). Oggi tv e web a tutte le ore del giorno e della notte. Viviamo emotivamente e mentalmente di una dieta salutare?
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