domenica 12 giugno 2022
Su questo traghetto che torna dalla Sardegna al Continente - come dicono i sardi con una loro nobile alterità - c'è gente di ogni dove. Francesi, inglesi, tedeschi, e nordici, avidi del precoce caldo giugno; e sento lingue dell'Est, ungheresi, forse. Ce ne stiamo sul ponte mentre il traghetto entra nel porto di Livorno, c'è il sole, ci sono bambini biondissimi che corrono avanti e indietro, e cani, anche, di tutte le razze, che si annusano curiosi. Sembra una festa la babele in sandali e canottiera, che sorride e chiede ai bambini altrui: «How old are you?». Quanti anni hai?
Seduta su uno scalino guardo la gente dal basso, i giovani tedeschi altissimi, gli inglesi silenziosi, e un pensiero mi sbalordisce: per quanti secoli ci siamo fatti fra noi la guerra, e l'ultima è finita appena 77 anni fa, ed è stata la più atroce. (Si irrigidiva ancora mio padre, quando in Romagna al mare, anni 70, sentiva parlare in tedesco).
E ora guardaci, sembriamo così amici, i nostri figli studiano a Berlino e Londra. La guerra? La guerra è per noi un incredibile racconto dei vecchi.
Dopo tanto sangue, l'Europa era stata benedetta. Fra chi era tornato, molti avevano un bruciante desiderio di pace. Come ha scritto don Gnocchi, accade che, dalla guerra, alcuni uomini tornino migliori. Redenti dallo stesso orrore traversato.
Ne abbiamo, oggi, di uomini così? C'è ancora fra noi, l'impronta buona di quel loro desiderio?
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