giovedì 18 luglio 2019
Essere fratelli non è facile, perché si tratta di un rapporto diverso da ogni altro, un rapporto inscindibile tra pari che non si sono scelti e che incontriamo nella nostra storia come un dato. Quello tra fratelli è un rapporto che nasce intorno alla impossibile triangolazione d'amore con le stesse persone, i genitori, dai quali ciascuno desidera essere riconosciuto unico e speciale e che costituiscono per ciascuno il primo, insostituibile oggetto d'amore. Le vicissitudini del rapporto con loro fonda il cuore più profondo, consapevole e inconscio, dell'identità di ogni figlio e dunque di ogni fratello; ma queste vicissitudini sono del tutto personali, mai identiche tra un fratello e un altro: sono legate all'ordine di genitura, al momento della nascita, alle caratteristiche del neonato e a un numero infinito di altre variabili, per le quali pur nella stessa famiglia ogni storia è una storia unica, allo stesso tempo simile e diversissima.
Così, i sentimenti tra fratelli non possono che essere intensi e ambivalenti: intensi, come lo è tutto ciò che origina nella vita infantile, nella quale non esiste che il bianco e il nero; ambivalenti, perché legati a un continuo confronto e a una rivalità in amore. E siccome non ci sono genitori perfetti, anche nel migliore dei casi qualcosa verrà percepito dall'uno o dall'altro dei fratelli come ingiusto, e ci saranno spesso invidie e gelosie, anche se non sempre dichiarate. Nel percorso di crescita, che richiede di svincolarsi dal passato e di emanciparsi dalla vita infantile, un elemento cruciale è proprio quello del confronto con i fratelli, che sono stati per noi inevitabili rivali e inevitabili pietre di paragone. Forse l'amore dei genitori per loro ci sembrava più pieno, forse i genitori preferivano un fratello a un altro. Forse ci siamo sentiti noi i preferiti, ma il privilegio ci rendeva oggetto di invidia. O forse non è neppure stato così, ma è questo ciò che abbiamo percepito e vissuto con gli strumenti del bambino che eravamo e che l'età ci consentiva.
Nella vita infantile, il confine tra fratelli è labile e mutevole; i bambini piccoli, soprattutto se vicini di età, hanno grande intimità tra loro soprattutto a livello fisico, e regolano il loro rapporto attraverso un costante confronto che permette di stabilire ruoli e gerarchie. Attraverso questo confronto la famiglia prende la sua forma e definisce la posizione dei suoi membri, in un modo che tende a stabilizzarsi.
La nostra storia di fratelli ci accomuna in una memoria collettiva, che però ognuno ha vissuto e racconta a sé stesso in modo diverso: quando qualcosa è successo, ognuno aveva un'età, una possibilità di capire, una sensibilità e una posizione che rendevano diversa la lettura della stessa realtà. Sulla base di questa lettura ognuno ha stabilito dentro di sé anche un'idea dell'altro, spesso fissandone l'immagine al tipo di rapporto che aveva con lui nella vita familiare. Quando diventiamo adulti, si verificano molti cambiamenti e la nostra identità diventa più complessa, ma lo sguardo di chi ti ha conosciuto bambino fatica a leggere i tuoi cambiamenti; spesso in famiglia si continua a essere ancorati a quello che siamo stati, perché la memoria fissa ciascuno in un luogo, in un tempo, in un modo di essere. È necessario perciò prendere le distanze da ciò che è stato, e passare attraverso la "guarigione della memoria". Ogni lettura della nostra storia comune è legittima, ma ogni lettura è anche parziale. Solo riconoscendolo possiamo capirci e perdonarci, capire e perdonare. Non sempre i fratelli possono diventare amici, perché l'amicizia è e sarà sempre una scelta di elezione: ma sempre i fratelli possono costruire tra loro rapporti di vera solidarietà, che costituiscono nella vita una grandissima risorsa. Bisogna però andare oltre le immagini che definiscono l'altro e tutto ciò che crediamo di sapere di lui, per poterlo conoscere di nuovo; bisogna allontanarsi per potersi incontrare: questa volta come adulti, portatori anche di doni da scambiare con una nuova reciprocità.
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