giovedì 31 luglio 2014
É una vergine nordica quella dipinta da Marianne Stokes,
artista austriaca del XIX secolo. Una Vergine Madre che rimanda alle tante
Madonne del velo seminate nella storia dell'arte: la Madonna del velo di
Raffaello, la Madonna del velo di Umberto Giunti, attribuita erroneamente a
Botticelli. Madonne le quali, sollevando il velo che nasconde il divino
Bambino, sembrano dire con il loro gesto: «Sotto il velo della carne si
nasconde il Verbo dell'Altissimo, nato per morire». Forse per questo la Madonna
della Stoke è anche un’Addolorata. Lo dicono i colori dell'abito, il rosso del
sangue, il blu del Mistero. Lo dice lo sguardo mesto rivolto a noi, che
rimaniamo quasi indifferenti di fronte al miracolo inusitato di un Dio che si
fa uomo. Della passione, del destino di questo bambino, apparentemente uguale a
tutti gli altri bambini, narrano gli arbusti spinosi sullo sfondo. Una
girandola di spine che presto avvolgeranno il capo del Salvatore. Spicca tra
esse un arbusto strano, ma inconfondibile per quanti amano andar per campi a
raccogliere erbe, il finocchio selvatico. Un simbolo raro nell’arte, ma non
sulla tavola. Un tempo, infatti, si era soliti offrire, con il vino meno buono,
dolci al finocchio per la proprietà aromatica di questi semi capaci di correggere
i difetti del vino. Per questo si prese ad usare il vocabolo “infinocchiare”
col senso preciso di trarre in inganno. Non a caso la Madonna ha un abito
dorato, tempestato di grappoli d’uva: quello che Cristo dispensa è il vino
buono della gioia e della salvezza. Lo scopriranno quanti saranno fedeli nella
tribolazione e lasceranno che si sollevi, per tempo, il velo della verità.
 Il finocchio, infatti, ha la duplice valenza simbolica della forza e del tradimento. Non sono poche le nature morte che, mediante la comparsa di quest’ortaggio insieme con altri elementi, alludono alla Vanitas, cioè alla caducità della vita.

Una di queste reca la firma di Carlo Magini, pittore marchigiano, del periodo barocco. Accanto a due finocchi in primo piano, egli dipinge due pezzi di carne (lombata di vitello), appena macellata, freschissima, e fra questi oggetti spicca un’arancia, frutto dorato che evoca l’albero della vita. Il simbolismo è chiaro: da un lato la carne con i suoi richiami e dall’altro l’inganno entro il quale la carne può trascinare a motivo del peccato. Dietro, una candela spenta e un fiasco di vino chiuso in modo approssimativo da una carta, raccontano della corruzione di tutte le cose, che incombe sul presente: la luce che si spegne, il vino che inacidisce. E noi, immersi in tutto questo, siamo appesi a un filo, in bilico come la tazza da caffe e il coltello in primo piano. Occorre qualcosa di certo che ci permetta di vivere il presente nella certezza del futuro. Tornano alla mente le sfide attuali. Di fronte ai diversi dibattiti sul genere, sui principi non negoziabili, di fronte all’appello accorato del Santo Padre contro eventuali guerre, la riflessione su ciò che veramente conta s’impone. E s’impone, ahimè, solo quando ciascuno di noi è messo di fronte al crudo realismo dei problemi, dove nessun tentativo di infinocchiare la realtà tiene.

È bello allora trovare riposo fra le braccia di una Madre, come quella che ci offre Marianne Stoke, una madre capace di aiutarci a sollevare il velo che copre le coscienze, scoprire le falsità e giudicare tutto a partire da quella dimensione eterna che ci attende, dove tutto cadrà e solo la verità resterà, appunto, senza velo.Immagini
Marianne Stokes (1855-1927), Madonna col Bambino, 1907-08 Tempera su pannello, 88 x 119 cm. Wolverhampton Art Gallery, West Midlands, UK

Carlo Magini (1720-1806), Natura morta 1760 Olio su tela, 55x84 cm. Collezione Privata
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