mercoledì 19 aprile 2017
Lo slang è molto divertente, tra il vernacolare mal tràa insèma – male assortiti – riservato agli avversari politici e il giovanilistico "anche no" per la collega Virginia Raggi, che aveva dato degli invidiosi ai milanesi. Più che altro a Milano tempo per invidiare ce n'è poco.
Beppe Sala, con quella faccia precisa da sindaco di Milano, irregolare e un po' francese – più che un semplice physique du rôle – oggi rappresenta la città come meglio non si potrebbe. Asciutto, schivo, cortese, spiritoso, semper de cursa. Ambizioso ma con un forte senso del popolo. Astuto, accogliente, profondamente radicato nel lavoro, da vero brianzolo. Elegante comme il faut a rappresentare la città della moda e del design.
Insofferente alle lungaggini, fedele al motto l'è mej un andà che cent andèmm. Segnato dall'esperienza di una malattia che verosimilmente gli ha insegnato a scansare l'inessenziale. Sensibile e capace di piangere, sentimentalmente turbolento (nessuno è perfetto), ora si è messo anche a telefonare ai cittadini che gli segnalano rogne e problemi: «Pronto, sono Beppe Sala», bypassando scartoffie e uffici reclami. E non solo per velocizzare le pratiche, ma soprattutto per rendere visibile nella relazione personale, da primus inter pares, il forte senso di comunità che la città ad un tempo esprime e richiede.

Approvato. Faccia sul serio.
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