sabato 8 maggio 2021
«Se comprendessimo bene che cos'è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l'opera della Redenzione sulla terra... Che sarebbe una casa piena d'oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l'economo del buon Dio; l'amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent'anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi». Sono parole di Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d'Ars, riprese da Benedetto XVI nella sua lettera d'indizione dell'Anno sacerdotale, nel 2009. E chiunque sia stato ad Ars, e abbia visitato la canonica – cinque stanzette spoglie, pochi mobili e un ancor più striminzito guardaroba di cose rattoppate – dove Vianney visse la sua missione di parroco per quarantuno anni, dovrebbe aver compreso quanto profondamente vissute siano state quelle parole.
Del resto non a caso tutti i papi dal Novecento in poi hanno indicato il Curato d'Ars come modello di prete e di parroco, uomo “non per sé ma per il gregge”. Un modello su cui Papa Francesco ha sempre molto insistito, e ancora è tornato a farlo qualche giorno fa, ordinando in San Pietro nove nuovi sacerdoti, ai quali ha raccomandato di essere «servitori, non arrampicatori né imprenditori», di stare «lontani dai soldi», di essere «poveri che amano i poveri». Per il Papa è indispensabile tenersi lontani «dalla vanità, dall'orgoglio dei soldi. Il diavolo entra “dalle tasche”. Siate poveri, come povero è il santo popolo fedele di Dio. Poveri che amano i poveri. Non siate arrampicatori. La “carriera ecclesiastica”... Poi diventi funzionario, e quando un sacerdote inizia a fare l'imprenditore, sia della parrocchia sia del collegio..., sia dove sia, perde quella vicinanza al popolo, perde quella povertà che lo rende simile a Cristo povero e crocifisso, e diventa l'imprenditore, il sacerdote imprenditore e non il servitore».
Tutto questo perché essere prete non è «una “carriera”: è un servizio, un servizio come quello che ha fatto Dio al suo popolo. E questo servizio di Dio al suo popolo ha delle “tracce”, ha uno stile, uno stile che voi dovete seguire. Stile di vicinanza, stile di compassione e stile di tenerezza. Questo è lo stile di Dio. Vicinanza, compassione, tenerezza». «Abbiate questa immagine sempre. Pastori vicini a Dio, al Vescovo, tra voi, e al popolo di Dio. Pastori: servitori come pastori, non imprenditori. E allontanatevi dal denaro. E poi, ricordatevi che è bella questa strada delle quattro vicinanze, questa strada di essere pastori, perché Gesù consola i pastori, perché Lui è il Buon Pastore. E cercate consolazione in Gesù, cercate consolazione nella Madonna – non dimenticare la Madre – cercate sempre consolazione lì: essere consolati da lì». E portate «le croci – ce ne saranno nella nostra vita – nelle mani di Gesù e della Madonna. E non abbiate paura, non abbiate paura». Perché se «voi siete vicini al Signore, al Vescovo, fra voi, e al popolo di Dio, se voi avrete lo stile di Dio – vicinanza, compassione e tenerezza – non abbiate paura, che tutto andrà bene». Insomma, anche oggi per essere dei bravi preti bisogna guardare alla figura del Santo Curato d'Ars, e seguirne l'esempio. Sempre.
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