Il piccolo come il grande: la lezione perduta dell'uomo rinascimentale
venerdì 2 ottobre 2015
Mi auguro che ci sia ancora qualche intellettuale capace di farsi venire in mente che quanto a filosofia della vita umana e a scienza delle virtù e dei vizi il progresso moderno non è stato un progresso. Fatta eccezione per la Grecia classica, fra il XIII e il XVII secolo l'Europa ha raggiunto un grado di eccellenza culturale, spirituale e creativa, mai più eguagliata dopo di allora. L'elenco di autori, artisti e filosofi che si potrebbero enumerare è impressionante, da Dante a Leonardo, Ariosto, Erasmo, Michelangelo, Giorgione, Raffaello, Shakespeare, Cervantes, Bruno, Galilei… Ma fare questi nomi potrebbe essere fuorviante. Più che la genialità individuale in senso romantico e moderno, in quei secoli ciò che davvero fu sublime è la concezione dell'essere umano, del suo destino, dei suoi poteri e dei suoi compiti.Leggere un piccolo libro come L'uomo microcosmo e altri saggi sulla civiltà del Rinascimento di Lionello Sozzi (Moretti e Vitali, pagine 96, euro 12) può servire da promemoria. Gli studiosi del Quattro e del Cinquecento sanno già tutto e sa qualcosa anche chi, come me, ha letto solo un po' di Eugenio Garin, Frances Yates, Panofsky e Gombrich. Ma non sto parlando di studiosità. Parlo di senso del passato e di nostalgia per quello che si è perduto nell'idea dell'umano e del divino che ha caratterizzato la cultura europea prima dell'Illuminismo.Al centro di tutto c'era la corrispondenza fra microcosmo e macrocosmo, fra i diversi piani dell'umano e la complessa totalità dell'universo. Idea sublime e vertiginosa, quella dell'essere umano come figura e similitudine del cosmo: in senso fisico, psichico, razionale, intellettivo e angelico. Vista in questo modo, la filosofia rinascimentale, più che annunciare le libertà illuministiche, ritrova le sue radici nella sapienza greca e nella mistica cristiana. Audace e dinamica fu in particolare la concezione di Giovanni Pico della Mirandola, analoga a quella di Erasmo: l'uomo non è per natura specchio dell'universale vita divina, ma lo diventa se vuole, sublimando e costruendo se stesso. Tale fine implicava una scienza e arte dell'interiorità ispirata e disciplinata, di cui sembra che l'attuale umanità non sappia più nulla
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: