mercoledì 20 novembre 2002
Gli uomini prima sentono il necessario, poi badano all'utile, appresso avvertiscono il comodo, più innanzi si dilettano del piacere, quindi si dissolvono nel lusso, e finalmente impazzano nello strapazzare le sostanze. Dai Principi della scienza nuova, capolavoro del filosofo napoletano Giambattista Vico (1668-1744), estraggo questa sorta di storia dell'assurdo umano. Si parte bene con la ricerca del necessario, destinato ad assicurare la sopravvivenza. Si passa, in seguito, all'utile che è ancora una buona cosa, ma che può essere intaccato dall'egoismo. Ci si inoltra poi nelle comodità,
ammissibili fino a quando non cominciano a generare pigrizia e ottusità. Si giunge, così, al godimento fine a se stesso, a quelle spese voluttuarie che sono solo spreco, alla ricerca spasmodica del piacere, scialando beni e dignità. Eccoci ormai approdati al lusso più sfrenato, scandaloso se si pensa a quanti non hanno il minimo per vivere, ostentato come se fosse segno di grandezza. Su questa strada si apre, però, una china pericolosa, una specie di follia che fa dilapidare le sostanze senza criterio. Si ritorna, così, al punto di partenza, quando, ridotti in miseria, bisogna ricominciare a preoccuparci del necessario per sopravvivere. Il rapporto coi beni materiali non è quasi mai equilibrato ed esige un controllo severo della coscienza. Anche Qohelet ci ammoniva, al riguardo, su un altro aspetto: «Uno è solo, senza eredi, non ha un figlio, non un fratello. Eppure non smette mai di faticare, né il suo occhio è sazio di ricchezza" Questo è vanità e un cattivo affannarsi!» (4, 7-8).
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