venerdì 8 luglio 2005
Io non so cosa sia un abbraccio del Signore, il calore dei suoi sorrisi; certo conosco quelli di una persona umana, e sono meravigliosi e fanno miracoli, sia pure di questa terra. Sono parole di uno psichiatra che si dichiara non credente, almeno nel senso codificato dell'espressione, ma che spesso ha scritto cose interessanti e profonde sulla religiosità e che i nostri lettori hanno potuto apprezzare proprio sulle pagine di questo giornale. Mi riferisco al veronese professor Vittorino Andreoli del quale ho sopra citato una semplice ma efficace considerazione. C'è nella spiritualità popolare di tutti i tempi il gusto del miracoloso, visto come segno inequivocabile e sbrigativo del divino. Facile è intuire anche i rischi, come già ammoniva san Paolo, quando riproponeva con forza lo scandalo della croce. In realtà, proprio attraverso le cause seconde, Dio continua a offrirci miracoli semplici e quotidiani ai quali convoca anche noi col nostro apporto creatore. Andreoli ci ricorda la forza del sorriso e dell'amore. Mauriac, scrittore francese, osservava che «l'amore coniugale, capace di persistere attraverso mille vicissitudini, è il più bello dei miracoli, benché sia anche il più comune». La nascita di una creatura è un prodigio quotidiano, anche se non impressiona più di tanto. Purtroppo abbiamo occhi distorti che hanno bisogno solo di lampi accecanti, di scene clamorose e non sanno più vedere i piccoli miracoli. Anche nei confronti di quel prodigio che è l'amore - nota ancora Andreoli - «il rispetto è morto, l'uomo è meno di un oggetto, meno dell'automobile che ha un prezzo, mentre l'uomo è senza valore».
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