sabato 8 giugno 2002
Le scimmie predicarono l"ordine nuovo, il regno della pace. E tra i primi entusiasti furono la tigre, il gatto e il nibbio. Poco a poco, tutti gli altri animali si convinsero. E fu un tripudio dolcissimo, una fraterna agape vegetariana. Ma un giorno il topo, urbanamente scherzando col gatto, si trovò rovesciato sotto le unghie del recente amico. Capì che la cosa si metteva come per l"antico. Con tremula speranza ricordò al gatto i princìpi del nuovo regno. «Sì - rispose il gatto - ma io sono un fondatore del nuovo regno». E gli affondò i denti nel dorso. Che alcuni siano più uguali degli altri e quindi superiori era già l"amara lezione della Fattoria degli animali di George Orwell. Che la prevaricazione del più forte ignori ogni vincolo di legge o di alleanza ce lo ricordavano già Esopo e Fedro. Il tema ce lo ripropone anche il nostro Leonardo Sciascia nelle sue Favole della dittatura (1950). La storia si premura di mostrarci come la visione isaiana (11, 6-8) del lupo che dimora con l"agnello, della pantera sdraiata accanto al capretto, del vitello e del leone che pascolano insieme e del bambino che gioca con la vipera, sia soltanto una speranza. Ancor oggi la lezione triste di Sciascia si ripete sia nei grandi eventi politici sia nella modesta, quotidiana vicenda della nostra vita. Il gusto di prevalere sugli altri, il considerarli come mezzi per raggiungere i nostri scopi, la sottile violenza perpetrata in tanti rapporti sociali sono un morbo che intacca un po" tutti. L"appello evangelico risuona, perciò, inascoltato anche dagli stessi cristiani. Diceva con amarezza Qohelet: «Ecco il pianto degli oppressi che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori sta la violenza, ma per essi non c"è chi li consoli» (4, 1).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: