venerdì 7 settembre 2012
«Nulla è misterioso per un uomo di mare se non il mare stesso, l'amante che signoreggia la sua intera esistenza, inscrutabile come il destino. Quanto al resto, dopo le ore di lavoro, un'occasionale passeggiata o un'occasionale baldoria a terra sono più che sufficienti a rivelargli il segreto di tutto un continente, e generalmente egli trova che il segreto non valeva la pena d'essere conosciuto». Joseph Conrad, il grandissimo scrittore inglese nato in Polonia, e poi, causa esilio in gioventù, diventato capitano della marina inglese e maestro della lingua di Shakespeare, individua qui un aspetto centrale della condizione umana. Il mare è metafora dell'ignoto, traversarlo simboleggia la nostra vita sulle onde del destino. L'uomo che per professione attraversa il mare lo conosce, condizione per sopravvivervi. Immaginiamo che meta del suo viaggiare sia una terra lontana e sconosciuta, il che corrisponde a verità, ma parziale: in tre ore passate in una taverna o nel porto o nella via principale di una città o un villaggio fino a quel giorno sconosciuti, il marinaio fa piena conoscenza di quel nuovo paese. Che per lui non ha mistero. Il custode del segreto è il mare: non era la meta, il porto, l'inconsapevole attrazione, ma il mistero del luogo su cui si viaggia, traversandolo, l'acqua, lo specchio, l'ignoto sotto di noi.
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