martedì 23 ottobre 2007
I nodi più tenaci si sciolgono da soli, poiché la corda si consuma. Tutto se ne va, tutto passa, l'acqua scorre e il cuore dimentica.
Così meditava il famoso scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880). Le immagini sono incisive: l'usura dei nodi col passare del tempo e col consumo causato dagli agenti esteriori, il fluire dell'acqua, il dissolversi delle cose, l'oblio dell'anima. Certo, questa regola che segna le vicende umane è anche benefica: permette ai dolori più atroci di attenuarsi, talora fino alla loro estinzione, concede una tregua alle tensioni, genera nuove attese e così via. Proprio per questo non bisogna mai disperare, bensì aspettare con costanza e coraggio il futuro. Ogni giorno, come diceva Gesù, porta con sé la sua pena; ma è anche vero che ogni alba che sorge può contenere una sorpresa. Contro il biblico Qohelet che implacabilmente ricordava che «non c'è niente di nuovo sotto il sole», lo stesso Signore dichiarava: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
Se vogliamo, però, fermarci sulla considerazione di Flaubert, possiamo riflettere con realismo sulla fragilità della vita e delle cose. Guai ad aggrapparci a ciò che per definizione è perituro. I nodi fermi si allentano, le stesse passioni svaniscono, i beni si dissipano ed è per questo che rimane sempre valido l'appello evangelico a cercare tesori che non siano consumati da ruggine o rapinati da ladri. Sono quei valori permanenti che si fondano sull'amore, sulla giustizia, sulla verità, sul bene: queste sono realtà eterne e trascendenti, incise nel libro della vita che Dio tiene davanti a sé. Nel tempo che scorre innestiamo, allora, l'eternità
a cui ancorare la nostra esistenza.
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