sabato 23 giugno 2012
Non è perché siano torri di Babele, arroganti verso Dio. Adesso che il cielo lo abbiamo toccato, e anche un bel po' bucato, sappiamo che al suo trono non si arriva di là. È che ci si allontana dalla terra. E da lassù gli uomini son formiche, così si dice. Non c'è modo di riconoscere il vicino che passa e affacciarsi a commentare il mondo. In verità non si riconosce proprio nessuno. Tutti ugualmente nessuno, e nemmeno la voce si sente, la loro e la nostra. Certamente un gran rumore c'è, anche simile a un rombo come di vento che si abbatte gagliardo, un fragore talvolta. Ma niente Pentecoste. No.Non c'è stare tutti insieme nello stesso luogo, non c'è esser vicini e sorprendersi del proprio capirsi. È il nostro un costruire che non sa il bisogno che ha l'uomo di raccontarsi, sentire la terra bagnata di pioggia, l'odore immacolato della neve, correre intorno di bambini, adulti che parlano e intanto non perdono di vista. Oggi i grattacieli poggiano su piloni alti di cemento. E sotto stanno le automobili, allineate e silenziose come giochi di soldati.Non c'è strada per il cielo che non poggi sulla terra. «Costruire significa collaborare con la terra, imprimere il segno dell'uomo su un paesaggio che ne resterà modificato per sempre». Marguerite Yourcenar
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