mercoledì 21 dicembre 2005
Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade. Ho tanta stanchezza sulle spalle. Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata. Qui non si sente altro che il caldo buono e sto con le quattro capriole di fumo del focolare. L'ho trascritta a memoria, senza gli "a capo", questa poesia che forse come me tanti lettori hanno imparato a memoria a scuola, nell'adolescenza. S'intitola "Natale" e fa parte della raccolta Allegria di naufragi di Giuseppe Ungaretti, uno dei grandi poeti del Novecento. Sono tante le emozioni che questi versi suscitano. Ne vorrei sottolineare solo due. La prima è proprio in quella bellissima immagine del «gomitolo di strade» che il poeta evoca e che si rifiuta di percorrere. Il Natale è, infatti, una festa che purtroppo accende più le luminarie delle strade che i cuori. Eppure bisognerebbe lo stesso uscire dal «caldo buono» della casa per scoprire che, accanto all'opulenza delle vetrine, c'è tanta stanchezza, solitudine e miseria che avrebbero bisogno di un conforto. Ma è vero anche che il Natale è una festa di intimità. E qui entra in scena la seconda immagine, quella delle «quattro capriole» di fumo del focolare. È appunto «il caldo buono», la semplicità delle piccole cose, dei sentimenti trascurati, della vita quotidiana e familiare. Spesso siamo attraversati all'improvviso da una stanchezza che non è del corpo ma dell'anima. Essa nasce dal troppo fare, avere, girare, dalla superficialità e dalla banalità. Si ha bisogno di sostare in silenzio, di placare il cuore e di pregare, di ritrovare la verità ultima e profonda della vita, il significato dell'esistere. È questo il nostro Natale, il rinascere dello spirito.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: