martedì 13 giugno 2006
Qui giace il matematico Angelo Marini, addizionò, moltiplicò, mai sottrasse. Gli eredi, riconoscenti, divisero. Non so se Angelo Marini sia mai esistito davvero e sia stato un matematico: l'unico che ritrovo sull'enciclopedia è un artista del '500. Sta di fatto che questa ironica epigrafe che sento citare a memoria da un amico durante un pranzo si allinea alla serie degli epitaffi retorici, spesso involontariamente comici. Ho letto anch'io, ad esempio, nel Lecchese la targa apposta a una cappella di montagna che recitava: «A Maria assunta in cielo/ A spese del Comune». Sta di fatto che quell'epigrafe funeraria ci dice due cose vere. La prima è legata alla retorica del caro estinto, tacito e cortese accordo tra i vivi per farsi perdonare forse tutte le maldicenze e le cattiverie praticate nei confronti del defunto. Da giovane avevo studiato l' Antologia Palatina coi suoi 3700 epigrammi greci spesso sepolcrali e avevo scoperto, accanto a versi teneri e delicati, tutta la melassa dell'enfasi (non di rado scolastica o di regime). Lo stesso vale per certi "testamenti spirituali" che non conoscono la sobrietà né sanno evitare l'umiltà ipocrita: pare che siano stati scritti per essere letti tra le lacrime ai funerali (che differenza, ad esempio, con l'emozionante testamento di Paolo VI!). L'altro pensiero riguarda lo sberleffo finale di quell'epitaffio: «gli eredi divisero»: E qui la lezione, ahimé, è aspra nella sua verità. Quante volte ho visto preziose biblioteche frazionate e disperse per l'avidità degli eredi; quanto spesso case piene di ricordi e di oggetti significativi vengono devastate per ricavarne subito denaro; quanti beni accumulati con fatica sono presto dilapidati. E allora riprendiamo in mano qualche volta di più il Vangelo di Matteo al c. 6, vv. 19-21"
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