venerdì 23 dicembre 2005
Vari sono gli atteggiamenti verso il Natale, e possiamo trascurarne alcuni: il mondano, l'apatico, quello commerciale, il volgare (le bettole aperte tutta la notte) e il bambinesco. Non, però, quello del bambino per il quale la candelina è una stella e l'angelo dorato in cima all'albero non è solo un ornamento ma un angelo. Fate in modo che in lui continui questo spirito del Prodigio, evento e non pretesto. Siamo ormai alle soglie del Natale e, per entrare in modo degno in questi giorni cristiani, mi sono affidato a uno dei poeti che più amo in assoluto, Thomas S. Eliot, morto a Londra nel 1965. Il libro da cui desumo la riflessione ha un titolo curioso, La coltivazione degli alberi di Natale, ed è del 1954. È scontato scartare gli atteggiamenti sbagliati per vivere questa grande solennità, atteggiamenti che purtroppo sono anche i dominanti. Si accumulano feste, si progettano viaggi esotici, si consumano montagne di cose inutili, ci si rifugia in un infantilismo sentimentale. Eppure sono proprio i bambini, non ancora sporcati dalla pubblicità e dal nostro cinismo ipocrita, a indicarci il modo giusto per celebrare e vivere il Natale. Per essi, infatti, si tratta di un evento e non di un pretesto. Non è per loro un'occasione per evadere dal quotidiano, per organizzare un grande pranzo, per tessere relazioni attraverso i regali, per fare una settimana bianca. Per chi ha il cuore puro l'angelo è il segno di un messaggio divino reale; il Bambino di Betlemme è una presenza viva e importante; la luce è lo splendore della creazione; il dono è sorpresa e gioia. Proviamo anche noi a ritrovare la realtà
della fede e a dissolvere la polvere magica della fantasia e della frivolezza.
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