sabato 18 marzo 2017
È un po' elusiva, ma al tempo stesso ricca di suggestioni per un itinerario spirituale, la frase di Jacques Lacan: «Amore è donare quello che non si ha». A prima vista verrebbe da dire che amare è proprio il contrario: investire nel dare all'altro quel che abbiamo, che abbiamo di migliore, anzi, tutto ciò che abbiamo. Tuttavia questo significherebbe, in verità, ancora incatenare l'amore al piano dell'avere, invece di inscriverlo con radicalità, come è nella sua natura, nel territorio dell'essere. Dare quanto non si possiede sembra un paradosso, e forse lo è. Forse è persino impossibile parlare dell'amore senza il ricorso a questo linguaggio simbolico capace di accogliere la via paradossale come cammino necessario, se vogliamo andare all'essenza di ciò che ci muove quando amiamo. Donare quello che non si ha significa dire all'altro, in modo chiaro, fiducioso ed estremo, la voragine che la sua vita apre dentro di noi. Significa segnalare il suo posto unico e insostituibile scavato nel più profondo del nostro essere. Coloro che si amano si danno da bere l'un l'altro non dall'abbondanza, ma dalla propria indigenza e scarsità. Amare è avvicinare l'altro alla mia sete - altro nome possibile per descrivere il desiderio.
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