venerdì 24 febbraio 2017
La domanda “Dio dov'è?” accompagna i momenti più dilemmatici della vita e della storia. Quante volte l'impatto devastante di una sofferenza che irrompe nel momento più inaspettato del nostro cammino non ci spinge a ripetere, nell'abbandono totale in cui ci troviamo, questo interrogativo! Oppure in ore storiche crepuscolari, quando l'umanità innocente viene schiacciata dalle oscure macchine della violenza e della guerra! “Dio dov'è?” è il mormorio che ci lacera la carne come un'anti-preghiera. Eppure è precisamente lì, in quelle ore angosciose, da cima a fondo vestite di notte, che dobbiamo scoprire che Dio c'è, cercando a tastoni nell'ombra il filo luminoso della sua presenza. Giorni fa, mentre leggevo un romanzo di una scrittrice mozambicana, Paulina Chiziane, sono di nuovo incappato in questa domanda. E lo scambio di battute tra i personaggi che qui riporto mi pare di un'attualità che è un appello alla nostra responsabilità. L'uno dice: «Dio, pur invisibile, è qui attorno a noi». L'altra reagisce protestando: «Se le cose stanno così, possiamo dire che Dio è un profugo di guerra?». E sopravviene la risposta che dovrebbe abitarci a lungo e darci da pensare: «Sì, Dio è un profugo di guerra e soffre la sofferenza delle persone».
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