giovedì 23 agosto 2012
«Sono il mittente e il destinatario / di quanto non è mio, io che all'approdo / ti aiuto al salto. Ma tu, parti o arrivi?». In questi versi lapidari e enigmatici di Piero Bigongiari, uno dei non pochi poeti importanti del ricco Novecento italiano, la condizione umana è fissata, messa a nudo in un momento cruciale dell'essere. In effetti ognuno di noi, mentre agisce con gli altri, mentre parla, comunica, è simultaneamente mittente e destinatario. Ognuno di noi manda, qualcosa, ognuno riceve. Ma non in modo meccanico, nei termini in cuisi regolano gli scambi, io ti invio una email e tu mirispondi. No, ognuno di noi è mittente e destinatario di qualcosa che non conosce, di qualcosa che non è nostro, che è più di noi. Nel nostro porci in relazione con gli altri e analogamente con noi stessi, noi inviamo e riceviamo messaggi non prodotti da noi, ma che ci riguardano, e che non potremo mai possedere definitivamente. Non è nemmeno indispensabile alzare gli occhi al cielo, osservare i voli degli uccelli che indicano la mediazione tra due mondi, per sospettare, intuire la presenza di qualcosa che ci trascende. Basta ascoltare noi stessi, in quella strana condizione di solitudine che non è isolamento, di solitudine piena che è nutrita di alterità, che dispone all'incontro con gli altri poiché rivela già in partenza una strana, inspiegabile ma percepita pienezza.
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