domenica 19 ottobre 2003
L'oggi è nel cuore dell'uomo come una conchiglia in fondo al mare. Domani, nella marea della risurrezione, le conchiglie, gettate sulla sabbia, si apriranno e moriranno. Verrà, così, alla luce la perla. Fu crocifisso a Baghdad nel 922 e morì perdonando i suoi carnefici. La sua era stata una vita tutta all'insegna dell'amore per Dio, un amore che egli considerava superiore alla stessa fede: «Chi cerca Dio alla luce della fede è come colui che cerca il sole alla luce delle stelle». Al-Hallaj è una delle figure più alte della tradizione mistica musulmana: a lui ci siamo affidati per meditare sul tempo che ogni giorno ci viene offerto da Dio. Al suo interno, come accade per le conchiglie, si cela una perla, cioè un seme di eternità, che sboccerà alla fine della nostra vicenda personale e di quella dell'umanità. Allora saremo sempre con Dio, strappati al limite del tempo che finisce e dello spazio che ci comprime. Il cristianesimo, proprio perché è religione dell'Incarnazione, è un costante appello a vivere l'oggi come se fosse una sorta di custodia della presenza divina, dello svelarsi del Signore e della nostra iniziale partecipazione alla sua vita. Per questo non dobbiamo dilapidare il presente, svuotandolo di opere buone, imprigionandolo nelle reti del male, spegnendo la scintilla divina che è deposta in noi dal Creatore. L'amore è il segno più vivo e alto di questa presenza trascendente e l'unione con Dio è la via per condurci a quella spiaggia ove la conchiglia della nostra anima svelerà la perla. Anche san Paolo diceva: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Galati 2, 20). E san Giovanni: «Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Giovanni 4, 16).
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