Come un mercanteggiamento
venerdì 7 febbraio 2025
Il lettore del Deuteronomio può sentirsi a disagio davanti a quello che appare come un ritornello, in questo libro dell’Antico Testamento in cui la Legge di Mosè viene espressa con precisione: «Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore, perché tu sia felice» (Dt 6,18). È ripetuto molto spesso, in una forma o in un’altra, come se Dio proponesse al suo popolo una compravendita: il popolo obbedisce a Dio, il quale in cambio lo ricompensa dandogli la felicità. Eppure, noi sappiamo, almeno da quando Gesù scacciò i mercanti dal tempio, come Dio non ami i mercanteggiamenti e il do ut des. Noi non abbiamo nulla, peraltro, con cui comperare Dio. I nostri riti, le nostre preghiere, la nostra obbedienza ai Comandamenti non gli apportano nulla: Lui ha già tutto. Non è a Lui che la nostra fedeltà apporta qualcosa, bensì a noi. Non è Lui che ci guadagna qualcosa dalla sua Legge, siamo noi a guadagnarci qualcosa – a guadagnare tutto. È che i Comandamenti non sono una condizione più o meno arbitraria posta da Dio per accettare di concederci la felicità: sono un cammino che egli segna per il nostro bene, per evitarci le strade senza uscita e gli sviamenti nella nostra ricerca della felicità autentica – di cui Dio si preoccupa tanto e forse anche più di noi. © riproduzione riservata
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