sabato 24 ottobre 2020
Si riflette poco, sicuramente non abbastanza, sul fatto che il Covid-19 abbia mandato in crisi nera i due capisaldi dello sviluppo, la sanità e la scuola. Si parla molto, e giustamente, delle conseguenze economiche della pandemia, che già sono e potrebbero ulteriormente rivelarsi catastrofiche, ma non sul fatto che trascurare, o anche mettere sullo sfondo quei due pilastri dello sviluppo, o anche solo uno di essi, significa ipotecare in negativo ogni possibilità di ripresa, proiettando sul futuro la certezza del fallimento. Una situazione critica delicatissima, che porta con sé il rischio di una vera «catastrofe educativa», le cui conseguenze ipotecherebbero il futuro della futura generazione. Certo quell'espressione, catastrofe educativa, può sicuramente apparire "forte", ma che Francesco nondimeno ha voluto usare nel videomessaggio inviato la settimana scorsa al convegno sul "Global Compact on Education", il Patto educativo globale, svoltosi all'Università Lateranense di Roma, su iniziativa della Congregazione per l'Educazione cattolica. Secondo il Papa, «il Covid ha accelerato e amplificato molte delle urgenze e delle emergenze che riscontravamo e ne ha rivelate tante altre. Alle difficoltà sanitarie hanno fatto seguito quelle economiche e sociali. I sistemi educativi di tutto il mondo hanno sofferto la pandemia sia a livello scolastico che accademico». E se ovunque «si è cercato di attivare una rapida risposta attraverso le piattaforme educative informatiche», queste hanno tuttavia evidenziato la «marcata disparità delle opportunità educative e tecnologiche» e pure un rallentamento «nel naturale processo di sviluppo pedagogico» dei più giovani. Tradotto in numeri, significa che più o meno dieci milioni di bambini potrebbero essere costretti a lasciare gli studi a causa della crisi del virus, «aumentando un divario educativo già allarmante, con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa». Una «catastrofe educativa», appunto, di fronte alla quale già è chiaro che «le necessarie misure sanitarie saranno insufficienti se non verranno accompagnate da un nuovo modello culturale», imprimendo «una svolta al modello di sviluppo» a partire dalle «opportunità che l'interdipendenza planetaria offre alla comunità e ai popoli, curando la nostra casa comune e proteggendo la pace». Ogni «ricetta semplicistica» sarà insufficiente di fronte a quanto stiamo vivendo, che è «una crisi complessiva», in quanto «il Covid ha permesso di riconoscere in maniera globale che ciò che è in crisi è il nostro modo di intendere la realtà e di relazionarci tra noi». Per questo è necessario «il potere trasformante dell'educazione», in quanto «educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i determinismi e i fatalismi», è invitare «alla co-partecipazione e alla trasformazione della logica sterile e paralizzante dell'indifferenza in un'altra logica diversa, che sia in grado di accogliere la nostra comune appartenenza». Ogni cambiamento, ha sottolineato ancora il Papa, esige «un percorso educativo, per costruire nuovi paradigmi capaci di rispondere alle sfide e alle emergenze del mondo contemporaneo, di capire e di trovare le soluzioni alle esigenze di ogni generazione e di far fiorire l'umanità di oggi e di domani. L'educazione è una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia», nonché «il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell'io e nel primato dell'indifferenza». E no, non esistono alternative.
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