venerdì 18 dicembre 2015
Mi ha molto impressionato la lettura di un'inchiesta/saggio di Maddalena Gretel Cammelli, sociologa, sui Fascisti del terzo millennio, edito da “ombre corte”, una piccola casa editrice di Verona che merita attenzione per le sue scelte, di una delicata commistione accademico-militante. Le dobbiamo tra l'altro la bellissima intervista con Enzo Traverso Che fine hanno fatto gli intellettuali?, su cui i giovani intellettuali italiani e aspiranti tali dovrebbero riflettere. Il sottotitolo del libro della Gretel è Per un'antropologia di Casa Pound, e tutti ormai sanno cos'è Casa Pound e le preoccupazioni che ha destato e continua a destare in chi segue la cronaca politica del nostro Paese, un luogo romano che ha ramificazioni altrove, e che raccoglie giovani di fede fascista molto attivi e spesso molto turbolenti. Ma che, almeno nei suoi fondatori e dirigenti, ha dimostrato di avere molte ambizioni per l'appunto intellettuali. Su di esse il libro riflette a partire da dichiarazioni e interviste con i giovani neofascisti, da cui il prefatore Jonathan Friedman deduce, scoprendo l'acqua calda, che il fascismo «lungi dall'essere totalmente estraneo all'ideologia occidentale è piuttosto una parte di essa». Più interessanti sono le considerazioni sue e dell'autrice sulla vicinanza di certe spinte alla ribellione contro l'ordine di cose esistenti che, nel tempo, hanno finito per far sembrare vicine le motivazioni “di destra” e quelle “di sinistra” dei giovani più inquieti e irrequieti. Caduta la distinzione tra destra e sinistra con il recupero della sinistra e a maggior ragione della destra nella grande attrazione centrista del pensiero e nelle pratiche che dominano da anni la politica odierna, un pensiero e una pratica che un tempo avremmo chiamato borghesi/capitalisti e che oggi è meglio chiamare oligarchici, restano ai margini di questo modello forme di ribellione destinate a essere sempre più estreme e minoritarie, sempre più aggressive. La ribellione dei giovani fascisti somiglia in questo, nelle modalità organizzative e nelle azioni che ne conseguono, ad altre ribellioni che affermano valori diversi. E siccome, almeno in Italia, non esiste che in misura minima una ribellione di sinistra con ideali più forti e giustificati, va da sé che la proposta neofascista ha molte chance, e può attirare molti giovani. Anche, purtroppo, per quel che ancora conserva di culto della violenza.Rattrista e preoccupa che i giovani non attuino altre forme di ribellione – per esempio quelle nonviolente e, in genere, quelle che esprimono e praticano una immediata solidarietà con quelle parti della società che sono abbandonate a se stesse dal sistema di potere oligarchico. Solidarietà attiva, organizzata, coerente di fini e di mezzi, “politica”. Aperta al dialogo, ma pronta all'azione chiarificatrice ed esigente. Sì, “ribellarsi è giusto”, come è sempre stato giusto, contro le ingiustizie del potere, ma bisogna anche scegliere il tipo di ribellione, ragionare su cosa si intende per giusto, e qui, sul rapporto tra fini e mezzi, le distinzioni devono essere ancora molto nette.
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