martedì 5 luglio 2005
Mi sono seduto anche a tavole sontuose/ dove i bicchieri vanno secondo i vini/ e uomini di molto più eleganti/ s'aggirano a servire le pietanze./ Ma so meglio la tavola dove si strofina il fondo di scodella/ con il pane e le dita arrugginite"/ Non bisbiglio di commensali a commentare il pasto/ ma di gole indurite che inghiottiscono/ per rimettere forza di lavoro/ e non portano eretti alla bocca la posata/ ma si calano sopra, addentano a mezz'aria/ per nascondere il magro del boccone" S'intitola Solo andata (Feltrinelli) e raccoglie una serie di poesie di Erri De Luca, un autore ben noto ai lettori di "Avvenire". Ho scelto alcuni versi semplici ed emozionanti. Anche a me è accaduto spesso di essere invitato a mense ove la selezione delle posate e dei bicchieri da usare era un'impresa che si risolveva guardando di sottecchi il primo che s'inoltrava con sicurezza sul terreno del cerimoniale. Ed è accaduto anche a me altrettanto spesso di assistere al pasto semplice e deciso di muratori o di operai, «mense di panche basse a mezzogiorno, di fiati vergognosi di appetito», come scrive ancora De Luca. Certo, il galateo conta, ma l'affettazione, la sontuosa arroganza della ricchezza ostentata, l'immane spreco che si consuma nei confronti di un'umanità tirata che «di cibo non parla per non nominarlo invano», come ancora dice Erri, sono realtà troppo spesso allontanate dal pensiero come fastidiose. Non vogliamo che sia turbata la festa del nostro benessere; non conosciamo più il gusto della semplicità e la fragranza del pane; non ci impressiona più chi - anche nelle nostre città - rovista tra i rifiuti o ha come unico sbocco le mense dei poveri.
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