martedì 6 febbraio 2007
Mi stupiscono le persone che vogliono comprendere e spiegare l'universo, mentre è già abbastanza difficile riuscire a orizzontarsi a Chinatown di New York. Non è famoso solo per i suoi film; il regista americano Woody Allen lo è anche per le sue battute fulminanti del tipo: «La maggior parte del tempo mi diverto poco. E nel tempo che mi resta non mi diverto per niente». Oppure: «Il mondo si divide tra buoni e cattivi. I buoni dormono meglio, ma i cattivi da svegli si divertono di più». O ancora: «La vita è piena di solitudine, di miseria, di sofferenza e di pena. E oltretutto passa anche troppo alla svelta». Ma ritorniamo alla frase sopra citata. Essa è una sferzata a un certo orgoglio che non appartiene solo alla scienza supponente, convinta di aver diritto sempre all'ultima parola e di essere detentrice del vero sapere, guardando con cipiglio ogni altra conoscenza, soprattutto se religiosa, come se fosse dotazione di menti sottosviluppate. È noto, poi, quali esiti si sono avuti talora nella storia attraverso quella che i Greci chiamavano l'hybris, l'illusoria sfida al mistero e al divino. In realtà, una punta di saccenteria e di orgogliosa autosufficienza si annida in noi tutti: sproloquiamo su tante cose di cui abbiamo solo una vaga infarinatura e non siamo capaci di rispondere al quesito che coinvolge direttamente noi stessi. Sì, bisogna allora dire questa parola ormai démodée, è necessaria: l'«umiltà». Un vero grande scienziato come Galileo confessava: «Infinita è la turba degli sciocchi, cioè di coloro che non sanno nulla e credono di sapere; pochi sono quelli che sanno qualche piccola cosetta; pochissimi quelli che sanno qualche particella; uno solo, Dio, è quello che sa tutto».
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