mercoledì 2 ottobre 2019

Gruppo di amici di vecchia data per l'ultimo scorcio d'estate, in una bella cascina toscana affacciata sul mare. Ci conosciamo da così tanto, non c'è più niente da dimostrare. Il ritmo è dolce: la mattina in paese, focaccine e giornali; lettura, conversazione, bagni di mare e di sole; in cucina per preparare la cena – a turni; la tavola sotto il porticato; un buon sonno tra i grilli. Quelle cose, sapete, che fanno impazzire gli inglesi.In pochi giorni ci piovono dal cielo almeno un paio di buone idee – non ve le dico, sono da brevettare! Non è detto che se ne farà qualcosa. Poco importa. A quanto pare le buone idee arrivano dalla pienezza della vita e delle relazioni, più che da aridi brainstorming e da rapporti professionali depurati da ogni sentimento. Che poi non è nemmeno vero: i sentimenti corrono sempre, più o meno sotterraneamente, pervertiti dal fatto di essere banditi. Magari sarebbero buoni, ma diventano sordi e cattivi. Che idee possono nascere in certi simposi aziendali? Stentate, infertili, storte, con il fiato corto. Per avere buone idee si deve vivere, e sembra facile. Vivere, per un essere umano, è dividere il pane con qualcun altro. Per dividere il pane si deve essere compagni (cum-panis: ovvero commensali). Ci si deve volere bene. È solo l'amore a essere fecondo. Niente di nuovo, insomma.

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