Giovanni a chi direbbe oggi «razza di vipere»?

II domenica di Avvento – Anno A
December 4, 2025
In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. [...]
Razza di vipere! E sì che lui, uno che viveva nel deserto e vestiva di peli di cammello e si nutriva di cavallette, lui doveva conoscerle bene le vipere e ben sapeva come era facile, per vipere e serpenti vari, insinuarsi tra le sabbie e avvelenare il sangue. Vipere che sono lì solo per mostrarsi, per mettere un ennesimo timbro sulla tessera di fedeli, per adempiere ad un altro vuoto rito, vuoto di cuore. Vuoto d’amore. E se Giovanni oggi fosse qui, tra noi, a chiederci di allungare lo sguardo e dilatare il cuore per provare a scorgere il Dio che viene, chi oggi chiamerebbe vipere? A chi rivolgerebbe il suo sguardo focoso per domandare se davvero qualcosa è cambiato nella vita? Conversione è modificare il proprio punto di vista per mettere gli occhiali di Dio: un Dio che sogna lupi e agnelli che abitano insieme, leoni che mangiano paglia e bambini che giocano coi serpenti come fossero peluche. Conversione è cambiare orizzonti e cancellare confini, è sognare con Dio una terra di giustizia dove saranno innalzati gli umili e rovesciati i potenti dai loro troni, dove non basta mostrare il certificato di battesimo “Abbiamo Abramo per padre…” per salvarsi.
“Dalle pietre nasceranno altri figli di Abramo”, e sarannoi derelitti, i miseri che non hanno trovato accoglienza, i poveri che non sanno a chi votarsi, gli esclusi da ogni forma di potere: per loro è il regno di questo Dio che si avvicina, di questo Dio povero che sta venendo, povero, ma portatore di fuoco. E dovremmo avere mani e braccia ustionate, dovremmo sentire in noi un cuore che brucia, degli occhi ardenti perché ormai Dio è vicino. Perché Dio ci ha infocati con il suo sogno. Ma temo purtroppo che anche questo sarà per noi uno dei tanti natali passati a vorticare tra luci e vetrine, nelle spasmodiche resse di acquisti e cenoni. E se incontrassimo Giovanni, casualmente, del tutto casualmente, forse neanche sentiremmo quel “razza di vipere” che ci griderebbe addosso. E Gesù neanche lo vedremmo, visto che non siamo frequentatori di grotte e dai poveri ci teniamo alla larga. «Dio viene al centro della vita, non ai margini di essa» scriveva Bonhoeffer, proprio al centro, là dove scaturiscono i pensieri e le azioni, in quel nucleo potente, in quella radice che rende sogno e amore la vita. I margini lasciamoli ai cortigiani del potere, a quelli che si sentono assolti in virtù di un diritto o di un’appartenenza: meglio essere piccoli chicchi di frumento che paglia da bruciare.
(Letture: Isaia 11,1-10; Salmo 71; Romani 15,4-9; Matteo 3,1-12)

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