giovedì 4 novembre 2021
Le parole di Francesco nella Messa in suffragio dei 17 cardinali e 191 tra arcivescovi e vescovi morti nel mondo nell'ultimo anno
Il Papa ha presieduto stamani la concelebrazione all'Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro

Il Papa ha presieduto stamani la concelebrazione all'Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro - Ansa

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"Preghiamo per i cardinali e i vescovi che ci hanno lasciato nell'anno trascorso. Alcuni di loro sono morti a causa del Covid-19, in situazioni difficili che hanno aggravato la sofferenza". È l'invito di papa Francesco nella Messa celebrata stamani all'Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro in suffragio dei 17 cardinali e 191 tra arcivescovi e vescovi morti nel mondo nel corso dell'ultimo anno. IL TESTO DELL'OMELIA

"La fiducia in Dio non nasce da un entusiasmo momentaneo, non è un'emozione e nemmeno solo un sentimento. Al contrario, viene dall'esperienza e matura nella pazienza" ha detto Francesco all'omelia. Il Papa ha citato Giobbe, "che passa da una conoscenza di Dio "'per sentito dire' a una conoscenza viva, esperienziale". E perché ciò avvenga, "è necessaria una lunga trasformazione interiore che, attraverso il crogiuolo della sofferenza, porta a saper attendere in silenzio, cioè con pazienza fiduciosa, con animo mite. Questa pazienza non è rassegnazione, perché ad alimentarla è l'attesa del Signore, la cui venuta è certa e non delude".

Il Papa ha sottolineato l'importanza di "imparare "l'arte di attendere il Signore! Aspettarlo docilmente, fiduciosamente, scacciando fantasmi, fanatismi e clamori; custodendo, soprattutto nei periodi di prova, un silenzio carico di speranza". "È così che ci si prepara all'ultima e più grande prova della vita, la morte - ha osservato -. Ma prima ci sono le prove del momento, c'è la croce che abbiamo adesso, e per la quale chiediamo al Signore la grazia di saper aspettare lì, proprio lì, la sua salvezza che viene". Secondo Francesco, "ognuno di noi ha bisogno di maturare in questo".

"Davanti alle difficoltà e ai problemi della vita è difficile avere pazienza e rimanere sereni - ha riconosciuto -. Serpeggia l'irritazione e spesso arriva lo sconforto. Può così capitare di essere fortemente tentati dal pessimismo e dalla rassegnazione, di vedere tutto nero, di abituarsi a toni sfiduciati e lamentosi". Tuttavia, "nell'abisso, nell'angoscia del nonsenso, Dio si avvicina per salvare. E quando l'amarezza raggiunge il culmine, all'improvviso rifiorisce la speranza".

"È brutto - ha detto il Papa a braccio - arrivare alla vecchiaia col cuore amaro, col cuore deluso, col cuore critico delle cose nuove. È molto duro". Ma per il Pontefice "la crisi è diventata una misteriosa occasione di purificazione interiore". "La prosperità, infatti, spesso rende ciechi, superficiali, orgogliosi. Invece il passaggio attraverso la prova, se vissuto al calore della fede, malgrado la sua durezza e le lacrime fa sì che noi rinasciamo, e ci ritroviamo diversi rispetto al passato".

"Dio accompagna soprattutto nel dolore - ha ricordato il Papa -, come un padre che fa crescere bene il figlio standogli vicino nelle difficoltà senza sostituirsi a lui. E prima che sul nostro viso spunti il pianto, la commozione ha già arrossato gli occhi di Dio Padre. Lui piange prima, mi permetto di dire...". "Il dolore resta un mistero, ma in questo mistero possiamo scoprire in modo nuovo la paternità di Dio che ci visita nella prova".

Oggi, ha aggiunto Francesco, "davanti al mistero della morte redenta, chiediamo la grazia di guardare con occhi diversi le avversità".

"Il cristiano - ha concluso il Papa - non sminuisce la gravità della sofferenza, ma alza lo sguardo al Signore e sotto i colpi della prova confida in Lui e prega per chi soffre. Tiene gli occhi al Cielo, ma ha le mani sempre protese in terra, per servire concretamente il prossimo".

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