martedì 15 febbraio 2022
Con una modifica del Codice di diritto canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese orientali il Papa ha trasferito alcune competenze ai vescovi, che saranno più autonomi rispetto alla Santa Sede
Francesco al Seminario di Filadelfia, il 27 settembre 2015

Francesco al Seminario di Filadelfia, il 27 settembre 2015 - Epa

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Con un nuovo motu proprio Francesco stabilisce che gli ordinari delle circoscrizioni ecclesiastiche latine e orientali potranno intervenire in materia di gestione Seminari, formazione sacerdotale, redazione di catechismi e in altre materie non chiedendo l’«approvazione» della Santa Sede ma una più semplice «conferma». Lo scopo, come viene spiegato all’inizio del documento che introduce cambiamenti nel Codice di diritto canonico e in quello dei canoni delle Chiese orientali, è quello di favorire un «sano decentramento» che corrisponda «alla dinamica ecclesiale della comunione» e valorizzi «la prossimità».

In una lunga intervista a Vatican News il vescovo Marco Mellino, segretario del Consiglio di cardinali e membro del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, spiega che questo provvedimento è un ulteriore «tassello che si va ad unire al lavoro di riforma che papa Francesco ha avviato fin dall’inizio del suo pontificato e che sta portando avanti». L’intenzione che lo anima è «profondamente pastorale» perché alcune competenze finora attribuite alla Santa Sede, e dunque esercitate dal governo centrale, vengono “decentrate”, ossia assegnante ai vescovi e ai superiori maggiori «con il preciso intento di favorire innanzitutto il senso della collegialità e della responsabilità pastorale, oltre che assecondare i principi di razionalità, efficacia ed efficienza».

Con il nuovo documento, che porta la data dell’11 febbraio ed è in vigore da ieri, per l’erezione di un Seminario interdiocesano, o per la ratio di formazione sacerdotale emanata da una Conferenza episcopale, non è più necessaria l’“approvazione” ma è sufficiente la “conferma” da parte vaticana. La differenza non è di poco conto. Spiega monsignor Mellino: «L’approvazione è il provvedimento con il quale un’autorità superiore (in questo caso la Santa Sede), esaminata la legittimità e l’opportunità di un atto di un’autorità inferiore, ne permette l’esecuzione. La confermazione, invece, è la semplice ratifica dell’autorità superiore che conferisce al provvedimento dell’autorità inferiore una maggiore autorevolezza». Pertanto «il passare dal richiedere l’approvazione al richiedere la conferma non è solo un cambiamento terminologico, ma sostanziale, che si muove precisamente nella direzione del decentramento». Il motu proprio prevede un «sano decentramento» anche dei Catechismi. Anche qui se una Conferenza episcopale ritiene utile pubblicare un catechismo o catechismi per il proprio territorio ora non è più necessaria l’«approvazione» ma è sufficiente la «conferma» della Sede apostolica.

Il nuovo documento inoltre interviene su questioni come gli oneri delle Messe e quelli annessi alle cause pie e alle fondazioni. E come l’indulto di esclaustrazione che autorizza un religioso a restare per un tempo determinato fuori dal proprio Istituto (finora il moderatore supremo poteva concedere tale indulto per un periodo di tempo massimo fino a tre anni, ora è stato portato a cinque). Mentre il decreto di dimissione dall’istituto, per causa grave, di un professo temporaneo o perpetuo, ha ora effetto fin dal momento in cui viene notificato all’interessato, fermo restando il diritto di appello. Non è più previsto invece che tale decreto debba essere confermato dalla Santa Sede se si tratta di un istituto di diritto pontificio.

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