Verso il «prete di campagna» quasi un gesto riparatore
sabato 17 giugno 2017

Tanto imprevista quanto gradita, la preannunciata visita di papa Francesco a Bozzolo: senza che lo richiedesse un particolare anniversario, essendo ormai lontano il cinquantenario della morte del 'parroco di campagna' (1890-1959): nessun 'anniversario' più o meno rituale, ma la precisa volontà del Papa di rendere omaggio a un 'prete di campagna' che ha fedelmente servito per tutta la sua vita una Chiesa che profondamente amava e per la quale ha speso tutte le sue energie. La visita di Francesco ricorda un episodio ormai lontano della vita di Mazzolari, quello rappresentato da un brevissimo scambio epistolare datato 5 marzo - 12 marzo 1955 fra il parroco di Bozzolo e il Patriarca Roncalli, che poco più di tre anni dopo, nel 1958, sarebbe stato eletto pontefice, con immensa gioia di Mazzolari, che in lui vedeva incarnate le sue speranze di rinnovamento della Chiesa: quella Chiesa di cui aveva auspicato una radicale riforma, pur trincerandosi dietro l’apparentemente più modesta riforma della 'parrocchia' (si veda la sua Lettera sulla parrocchia, del 1937) nel quale un lettore attento non mancava di cogliere il forte impulso al rinnovamento della Chiesa là dove il futuro fondatore di Adesso scriveva: 'Non si chiuda né si spranghi il mondo della parrocchia' (in realtà della Chiesa). 'Le grandi correnti del vivere moderno vi transitino, non dico senza controllo, ma senza pagare pedaggi umilianti e immeritati. L’anima del nostro tempo ha diritto ad un’accoglienza onesta... Occorre salvare la parrocchia' (ancora una volta, la Chiesa) 'dalla cinta che i piccoli fedeli le alzano allegramente intorno... Per uscirne ci vuole un laicato che veramente collabori e dei sacerdoti pronti ad accoglierne l’opera, rispettando quella felice, per quanto incompleta, struttura spirituale, che fa il laicato capace d’operare religiosamente nell’ambiente di cui vive'. Paradossalmente un umile che abitava una di quelle 'periferie' tanto care a papa Francesco aveva maturato già negli anni 30 del Novecento la consapevolezza che era vano trincerarsi nelle antiche trincee ed occorreva aprire le porte e le finestre della Chiesa al dialogo con il mondo: lo stesso processo che fu poi di Roncalli ed ora è di Francesco.

È forse questa 'passione per la periferia' che ha indotto papa Francesco a recarsi in un piccolo paese posto nel cuore della valle padana, che non è stato mai al centro della vita politica o di quella civile, ma che ha dato alla Chiesa una delle più eminenti figure di prete del Novecento: un prete che non poteva non piacere a quel pontefice che ora ama ricordare a tutti la necessità, in vista dell’evangelizzazione, di 'avere l’odore delle pecore', di stare dunque insieme gli uomini, per condividerne le gioie e le ansie, senza orpelli e senza trionfalismi: nello stile, appunto, di don Primo Mazzolari.

A seguire la corrispondenza tra Roncalli e Mazzolari.

LA LETTERA DI A.G. RONCALLI

Il cardinale Patriarca a don Primo Mazzolari inviandogli la Lettera Pastorale per la Quaresima del 1955( 9 marzo):

Piccole cose da Curato d’Ars, piuttosto che da Lacordaire, come certi begli articoli del prevosto Mazzolari, per esempio l’ultimo 'Vedere con bontà'. Il Signore la benedica. Vorrei potermi avvolgere in quelle due pagine del 'Piccolo quaresimale' come, e meglio, che nel mio mantello. Lì veramente trovo qualche cosa di me stesso in piena conformità di pensiero e di sentimento. Caro don Primo, l’aspetto sempre a Venezia. Faremo festa in tre.

Angelo Gius. Card. Roncalli, patr. 9 marzo 1955

LA RISPOSTA DI MAZZOLARI

Don Primo Mazzolari al cardinale Patriarca. Bozzolo (Mantova) 12 marzo 1955.

Eminenza, La vostra Pastorale porta il sigillo dello Spirito, che consola e dà fiducia. Il desiderio di 'sempre ricominciare' è uno dei modi di somigliare a Dio, che 'opera sempre' e vivifica ogni cuore umano 'etiam si mortuus fuerit'. E avrei goduto sino in fondo la vostra paterna e ilare maniera di presentare le grandi verità, se l’affettuoso biglietto, che accompagna la lettera quaresimale, non mi avesse quasi turbato. Dovete avere un occhio molto buono se, soffermandovi sul 'piccolo quaresimale' ci avete trovato motivi di compiacimento, cui non sono affatto abituato. Direi che sono uso a tutt’altro, e che quelle due pagine' che voi, Eminenza, avete trovate buone, ad altri non sono riuscite neppur sopportabili. Qualcuno mi rimprovera di non saper consumare in silenzio il duro del 'vedere con bontà', come se il confessare umilmente una propria fatica morale sia indegno di un cristiano. Ma io sono un povero prete che si muove a stento sulla via della virtù e non posso non confessare questa mia fragilità, su cui il Signore tiene i suoi occhi onde guardarmi da ogni vanità anche da quella letteraria. Adesso, Eminenza, capite come possa venir scusato se parlo di turbamento nella grande consolazione che mi avete dato. Certi 'doni buoni' arrivano sempre di sorpresa, almeno qui; ma passata la sorpresa scopro i segni di quella Misericordia, di cui voi siete magnifico dispensatore. E per ringraziarvi un po’ meno a vuoto pregherò per la Missione, senza tacervi che invidio gli operai che vengono a lavorare nella vostra vigna. Questo lo dico soprattutto per il vostro carissimo d. L.C. che godo di sapere accanto a Vostra Eminenza con quella fedeltà affettuosa e ammirata che, da lontano, io pure ho nel cuore per voi.

Vostro sacerdote Primo Mazzolari

Per l’articolo "Vedere con bontà", cf Adesso febbraio 1955 (oppure L’Italia, stessa epoca).

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