giovedì 13 aprile 2023
Con la stagione meno rigida si aprono nuovi fronti di combattimento
Un'offensiva ucraina di primavera è sempre più possibile: le tre ipotesi

Reuters

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L’offensiva d’inverno di Putin s’è arenata tra via Vasylya Pershyna e viale Shchedra, poco lontano dalla stazione. Dopo sette mesi di assedio, a Mosca ci si può vantare di essere riusciti a issare la bandiera nera della Wagner sulle macerie di un palazzo sventrato vicino al municipio di quella che fino all’anno scorso era una cittadina di 70mila abitanti: Artemovsk, come si chiamava fino al 2016; oggi Bakhmut. Sugli altri 600 chilometri di fronte tutto tace. Si attende la grande, definitiva offensiva ucraina. Sul dove e quando si scatenerà per ora si possono fare solo ipotesi.

La prima possibilità è che l’atteso contrattacco riguardi proprio Bakhmut, la città martire. Ma perché l’esercito di Zelensky, a corto di uomini e di carri armati, dovrebbe scegliere proprio quel martoriato fronte? Per una serie di validi motivi; alcuni di natura politica e d’immagine, altri dettati dall’evidenza militare della situazione in atto. Partiamo dai primi chiedendoci quali sarebbero gli effetti prodotti in Russia qualora un’eventuale offensiva ucraina contro il bastione di Bakhmut avesse successo. Dopo aver perso l’oblast di Kharkiv, essere stati costretti ad abbandonare Kherson, aver subito l’affondamento del “Moskva” e l’attentato sul ponte di Kerch, essere costretti ad abbandonare Bakhmut sarebbe l’ennesimo duro colpo inferto a questa sgangherata avventura militare, soprattutto alla luce di come proprio lì sono state macinate le vite di migliaia di giovani russi. Sul campo opposto, quello occidentale, la bandiera ucraina che sventolasse di nuovo su Bakhmut liberata darebbe un senso alle continue, pressanti richieste di armamento e munizionamento da parte di Kiev. Non solo, essa rappresenterebbe la prova palmare non solo della volontà politica di resistere a ogni costo, ma anche della capacità militare dell’esercito ucraino e del suo coraggio nel perseguire i propri obiettivi. C’è poi da considerare quali sarebbero i contraccolpi sulla tenuta dei legami tra indipendentisti di Lugansk e Donetz, le autorità russe e l’esercito della Federazione. Dopo tutto questa guerra non era iniziata proprio per liberare le due Province del Donbass? L’esercito russo che dovesse ritirarsi da Bakhmut senza essere riuscito a conseguire alcunché sarebbe un’ulteriore bomba. E non solo a livello mediatico.

Esistono infatti elementi concreti che fanno ritenere un’offensiva ucraina su Bakhmut ora sia non solo possibile, ma addirittura probabile. Il primo lo fornisce lo stesso Yevgeny Prigozhin, il famigerato capo del Gruppo Wagner. Da giorni, infatti, il cosiddetto “cuoco di Putin”, nei suoi video in elmetto e mimetica, non perde occasione di mettere in guardia il suo antagonista – vale a dire l’esercito regolare della Federazione russa – dai concreti rischi di una limitata offensiva in questo settore il cui peso maggiore sarebbe sopportato proprio dai suoi uomini. Nessuna menzione ai paracadutisti della Vdv che stanno combattendo al suo fianco, né ai metodi brutali adottati dai comandanti Wagner nei confronti dei propri soldati che si dimostrassero poco entusiasti di farsi massacrare dalle mitragliatrici ucraine.

Altri elementi riguardo una prossima offensiva su Bakhmut provengono dal campo ucraino e in particolare dalle immediate retrovie di quel fronte. Da quelle parti, attorno alle cittadine di Kostiantinivka e Chasiv Yar, così come nelle roccaforti di Kramatorsk e Sloviansk, numerose e verificate fonti riportano di un concentramento di una forza corazzata di oltre 200 carri armati, supportata da un migliaio di veicoli da trasporto e combattimento per fanteria di vario tipo, integrati da oltre 200 obici semoventi e campali e da una novantina di lanciarazzi multipli. Questo arsenale unito ai circa 35mila soldati che si stimano siano stati concentrati in quest’area configurano una forza di tutto rispetto, più che adeguata a un’offensiva non certo in grado di imporre una svolta al conflitto, ma forse capace di conseguire gli obiettivi politici e d’immagine cui si è accennato e magari introdurre il conflitto in una nuova fase dove il confronto sul campo sia sempre meno importante rispetto a quello politicodiplomatico.

Un ultimo accenno sulla situazione in campo russo. Proprio l’accanimento contro Bakhmut ha impedito a Mosca la realizzazione di quelle opere difensive che in altri settori sono state da tempo preparate in gran numero. È bene insistere su questo punto: mentre Putin bombardava le infrastrutture energetiche di Kiev, annunciando prossime e definitive offensive per la conquista del Donbass, sul campo i suoi uomini ovunque scavavano linee di trincee, stendevano campi minati, realizzavano caposaldi controcarri, riserve di munizioni e quant’altro potesse servire ad assorbire l’urto di una forza in attacco. Ovunque ma non a Bakhmut.

Accanto all’ipotesi del rovesciamento del fronte-simbolo, esistono almeno un paio di alternative. La prima prevede di sviluppare l’attacco nel tratto di 160 chilometri che nell’Ucraina meridionale separa Zaporizhzhia da Vuhledar. L’obiettivo in questo caso potrebbe essere di tagliare in due il corridoio terrestre che collega il Donbass alla Crimea, forse con un attacco condotto in direzione di Melitopol e Mariupol. In termini operativi per i russi sarebbe un disastro. Buona parte delle linee logistiche che consentono la sopravvivenza della Penisola sarebbero recise, il ponte di Kersh, infrastruttura vitale per la sopravvivenza della Crimea, sarebbe a costante minaccia del tiro delle batterie di lanciatori Himars, i porti di Mariupol e Berdiansk inservibili: un vero disastro. Tuttavia, anche i russi hanno ben chiari gli effetti nefasti di una simile offensiva vittoriosa ed è per questo che proprio lungo i 160 km di questo fronte da mesi non fanno che costruire e ampliare un robusto sistema difensivo in grado – a loro dire – di frenare qualunque impeto. Da parte ucraina, finora, non si registrano concentramenti di truppe e di mezzi necessari a condurre una simile imponente operazione. Sul versante opposto invece si continua a osservare l’afflusso di convogli ferroviari carichi di vecchi carri armati T55, vecchia ferraglia della guerra fredda inutile per combattere una guerra corazzata moderna, ma ancora buona per essere interrata e trasformarsi in fortini controcarro. Analogo ragionamento per i vecchi cannoni controcarri MT-12 buoni per colpire un carro occidentale a 3.000 metri, magari con qualche arrugginito missile M117 Bastion. Insomma, da queste parti, a differenza che a Bakhmut, i russi stanno concentrando materiale difensivo idoneo, almeno nelle intenzioni, a mantenere al sicuro la Crimea e quel tanto di Donbass che sono riusciti a prendersi fin qui.

Manca un’ultima possibilità, quella di un’offensiva condotta a nord di Bakhmut, lungo gli 80 km del settore compreso tra Kreminna e Svatovo. Da parte ucraina non ci sarebbero problemi a far arrivare da quelle parti i corazzati e le truppe che ora stazionano dietro Bakhmut, in fondo si tratta di poco meno di un centinaio di chilometri e un’offensiva vittoriosa comprometterebbe le posizioni russe a Severodonetsk- Lysychansk con severe ripercussioni su tutta la catena logistica dell’armata russa in ucraina. Il problema dov’è? In primo luogo, si è molto, troppo vicini alla frontiera russa il che significa che Mosca può assicurare senza difficoltà l’alimentazione tattico-logistica delle truppe eventualmente coinvolte nell’attacco ucraino. Secondariamente, la vicinanza delle basi aeree russe consentirebbe di battere gli attaccanti con una serie consistente di sortite che la contraerea di Kiev non riuscirebbe a mitigare, almeno non come sta avvenendo sui cieli sopra Bakhmut.

Dovendo, dunque, tentare una previsione su quello che avverrà nei prossimi giorni, logica vuole che si guardi in primo luogo ancora a Bakhmut, quindi al fronte di Zaporizhzhia – se pur con immense difficoltà – e da ultimo al settore Svatovo-Kreminna. Circa i tempi, si possono fare solo congetture legate in larga misura alla velocità con cui l’Occidente farà arrivare non tanto gli armamenti, ma le munizioni necessarie a combattere questa che sarà la carta più importante per Kiev nel 2023. Tuttavia, la precaria situazione di Bakhmut e il costante rifornimento delle forze russe lungo tutto il fronte rendono l’attacco ucraino sempre più impegnativo e difficile man mano che ci si avvicina all’estate.

Analista e docente, già generale dell’Esercito italiano

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