Una semplice storia di «missione». Il bene cambia cuori e sguardi
sabato 31 marzo 2018

Caro direttore,
che emozione, per un parroco, la risposta alla lettera di Vito C. pubblicata in “Avvenire” del 25 marzo 2018, Domenica delle Palme («Il “crimine” di comprare una donna, la forza che cambia tutto», tinyurl.com/ybjazker ). Non solo il messaggio che le è stato affidato da quel fratello lettore, ma anche le righe che lo accompagnano – e che cito – «mi hanno colpito molto perché sono un po’ confessione, un po’ grido di dolore e un po’ respiro di liberazione, ma soprattutto sono una piana e piena affermazione di fede... Fede che cambia la vita, cambia le relazioni... , cambia lo sguardo sugli altri... ».
Voglio raccontare una piccola storia: una volta, quando ero in Brasile, mentre viaggiavo in pullman tra San Paolo e Brasilia, una ragazza seduta accanto a me, nel caldo, in maglietta bianca, mi chiese dopo quasi due ore di viaggio: «Ma lei è un prete?». «Sì – le risposi – da che cosa te ne sei accorta?». «L’ho capito subito, da quando è salito in pullman, perché mi ha guardato in modo diverso dagli altri uomini». Ecco, direttore, le parole che ho ripreso mi hanno ricordato questo momento della mia missione ad extra. Domenica scorsa ero così felice di quello che avevo letto e meditato di buon mattino con il giornale tra le mani, che un piccolo ramo d’ulivo l’ho messo davanti a Lui in croce e Gli ho detto: «Gesù, è per chi ogni giorno fa “Avvenire”». Buona Pasqua!
don Nino Carta, Buddusò (Sassari)

In questa domenica di Pasqua desidero dire un grazie grande e affettuoso a don Nino, sacerdote, missionario, parroco. E attraverso di lui a tanti altri che, come lui, sanno cogliere il meglio da persone e situazioni persino quando scrivono su un giornale... Ammetto, poi, di essermi emozionato a mia volta nel leggere ciò che mi ha scritto. Mi ha fatto pensare ai preti e agli altri consacrati a Dio, uomini e donne, che via via ho conosciuto e agli speciali occhi di tanti tra loro, occhi che ogni volta me li fanno riconoscere come padri e fratelli, come madri e sorelle. Mi ha fatto ripensare al bene che tutti loro mi hanno fatto, e a quanto hanno contribuito a formare il mio sguardo sulle persone e sul mondo, dando anima alla voglia di affrontare storture e ingiustizie fuori e dentro di me. Infine, ho riflettuto sul mio e nostro mestiere. Al fatto che le parole e le immagini che usiamo sulle pagine di un quotidiano non sono mai perfette. Ma anche al fatto che, qui ad “Avvenire”, l’intenzione che ci muove è almeno sempre onesta. E mi sono rafforzato nella determinazione, nella mia responsabilità di direttore, a fare la mia parte , per quel che so e che posso, perché questo si percepisca. Sono infatti felice quando riesco a verificare che succede davvero, e sono felice quando mi rendo conto che questo avviene grazie alla qualità umana e cristiana di chi segue con un po’ di continuità e di empatia le nostre cronache, le nostre tenaci “battaglie”, il servizio che intendiamo rendere alla comunità cristiana e alla comunità civile. Mi sembra una chiara conferma del fatto che fede e princìpi – il Bene che accogliamo e che cerchiamo di seguire e di realizzare – cambiano sul serio il nostro cuore e il nostro sguardo sugli altri e, prima o dopo, arrivano a incidere sulla realtà, ma al tempo stesso – come ci ricorda con bella e semplice eloquenza il racconto dell’incontro tra una ragazza e un sacerdote su un pullman brasiliano – possono aiutare ad aprire anche lo sguardo degli altri su di noi, su ciò che siamo e su ciò che facciamo. In fondo, basta che in ognuno ci sia almeno una scintilla di quello stesso Bene. E la scintilla c’è, c’è eccome, c’è per davvero, c’è in tutti. Grazie a Dio, sacerdoti come don Nino quella scintilla la tirano fuori, e la fanno brillare. Per questo continuo a sperare che la fede che ci anima e i valori che cerchiamo di testimoniare con saldezza e senza arroganza possano riuscire a rendere limpido e amico, o almeno non troppo severo, lo sguardo su ciò che scriviamo in una testata giornalistica che dichiara e pratica con serenità la propria ispirazione cattolica, che cerca da sempre il dialogo con ogni uomo e donna di buona volontà, che si schiera con convinzione accanto alla vita più povera, piccola, debole e discriminata. Don Nino ci testimonia questa apertura, profondità e fedeltà, e così ci sprona a essere altrettanto aperti, profondi e fedeli e ci aiuta a insistere nella piccola grande fatica quotidiana che da 50 anni ci è affidata. Auguri, allora, a lui e a tutta la nostra “gente d’Avvenire”: che per tutti e per ciascuno sia davvero Pasqua.

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